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La complessità è cambiare la cultura di Bari e il suo sé collettivo

Emanuela Megli

La crisi che sta colpendo l’istituzione comunale barese, è un triste avvenimento che porta tutti i cittadini a riflettere per trarre alcune utili informazioni e avere maggiore consapevolezza del proprio ruolo

BARI - 

La crisi che sta colpendo l’istituzione comunale barese, è un triste avvenimento che porta tutti i cittadini a riflettere per trarre alcune utili informazioni e avere maggiore consapevolezza del proprio ruolo e del valore delle proprie scelte di voto nella delega del co-governo della città  ai rappresentanti politici.

Innanzi tutto, è utile ricordare che ogni crisi -dal latino “scelta” - è sempre un’opportunità, di conoscenza approfondita dei fenomeni e di cambiamento, se possibile di evoluzione.

È meglio che lo sporco emerga, per poterlo riconoscere e gestire

Questa crisi ha permesso di fare luce sul dramma della mafia, della corruzione e della illegalità e questo è sempre un bene, poiché fa parte di una maturità sociale e organizzativa, quella di sapere vedere ciò che non funziona, accanto a ciò che funziona bene e di poterle integrare, in una visione della complessità che non è mai scontata e non è mai assoluta, tutta bianca o tutta nera, ma che comprende sfumature di grigio e di colori, che possono dare origine ad un disegno in divenire. Disegno nel quale gli attori si muovono con responsabilità individuali e collettive, intervenendo sulla scena, modificandone continuamente gli assetti.

Il sindaco De Caro ha avuto il merito di dare un nuovo volto alla città negli ultimi anni del suo mandato, che ha permesso una vera e propria rinascita del tessuto cittadino, del suo volto, delle sue abitudini e dei suoi modi di abitare la città. Tuttavia, il vero cambiamento della popolazione e del tessuto urbano diventa pregnante quando è la cultura sociale a cambiare, e come sappiamo la cultura fatta di valori, norme esplicite e tacite, comportamenti tramandati, modi di vivere e pensare, è una di quelle dinamiche complesse più impegnative che richiede, costanza, impegno e continuità nel tempo per essere modificata. Al punto che già il solo fatto di tentare di cambiarla, risulta un’impresa titanica, di vasta portata.

L’intento, però, non ha a che fare con il risultato, che comunque, in questi anni è stato sotto gli occhi di tutti, grazie alle opere e al valore di questo uomo sindaco, che lo ha portato ad ottenere il riconoscimento della nazione e dei sindaci italiani, gestendo anche bene la fase della pandemia, con una passione umana oltre che di ruolo acquisito.

Resta da fare i conti con la porzione di società che – da tempo infiltrata nelle maglie dell’amministrazione a tutti i livelli e in tutti gli schieramenti-, potrebbe ancora agire nel sottobosco culturale e che peraltro, risponde alle logiche di cittadini, imprenditori, professionisti, che a modo loro, sfruttano tale sistema per vantaggi e interessi personali.

Il cambiamento della cultura, deve essere un punto principe della linea di governo, ma deve essere accompagnata dalla volontà collettiva. Come riportato da alcuni studiosi, addetti ai lavori e autori del tema della legalità (“La legalità del noi” Città Nuova editrice di Gianni Bianco, Giuseppe Gatti), quest’ultima è possibile a partire dalle scelte individuali e collettive, e raggiungere la piena espressione poi nella scelta degli eletti a svolgere il ruolo di co-conduzione dell’amministrazione pubblica. Mettiamoci dunque tutti una mano sulla coscienza, integriamo nella complessità del sé sociale la parte buona e la parte cattiva della città e della sua amministrazione e proviamo a rendere migliore la nostra terra, facendo scelte etiche ogni giorno e rinunciando ai privilegi derivanti dalle opportunità di corruzione e illegalità che sembrano apparire le scorciatoie al successo

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