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Quando il dialogo (verbale) non basta

Emanuela Megli

Nelle relazioni affettive in crisi, non sempre è possibile parlare dei problemi serenamente.

L’estate è anche il momento delicato in cui le relazioni famigliari in crisi emergono e si acuiscono a causa della presenza costante tra i membri della famiglia, in casa o in villeggiatura. Se infatti durante la routine dell’inverno, le contrapposizioni vengono smussate dai ritmi di vita in cui ognuno è preso dai propri impegni, incrociandosi per pochi minuti in casa, in vacanza si verifica il grande ritrovo con affetti vicini e lontani e la convivenza può diventare un delicato momento di incontro faccia a faccia che scoperchia ferite profonde non rimarginate. Assistiamo infatti a contese, tradimenti e separazioni tra vip e gente comune, proprio in estate. 

Un po' ricalca l’effetto reclusione da pandemia che abbiamo già vissuto, che ha fatto saltare equilibri precari di coppie, in crisi, che non sono riuscite a superare l’ulteriore scoglio di una convivenza forzata.

Nelle relazioni affettive in crisi, non sempre è possibile parlare dei problemi serenamente. Spesso, infatti, si riapre il conflitto e si alzano i toni in un’escalation di aggressività. 

Cos’è che si innesca nelle relazioni tese tra coppie e tra genitori e figli? 

Un bisogno di relazione che viene prima. 

Il conflitto è la manifestazione di un bisogno inespresso. Il rapporto è la dimensione comune tra due persone, in cui due individualità si incontrano formando il “noi”, qualcosa che esprime entrambi ma che contiene le individualità trasformate. Una prospettiva che unisce i due, arricchendoli di una visione terza che può fungere da osservatorio privilegiato della vita verso una progettualità scelta e condivisa in cui i bisogni reciproci vengono considerati e armonizzati in accordo.

Come nasce questa relazione? 

Si nutre di amore che si sostanzia di doni concreti, di sguardi dolci e delicati, di sorrisi, di ascolto attento e comprensivo, di presenza, di stima, di supporto, di disponibilità, di autenticità, di scambi continui, fino alla reciprocità e all’interdipendenza. 

La relazione è il luogo e lo spazio privilegiato del dialogo. Un dialogo che non sempre può essere verbalizzato, perché risente delle pulsioni anche inconsce delle ferite, delle parole dette e non dette e può trasformarsi nell’espressione di risentimenti, rancori accumulati nel tempo e stratificati. Il dialogo verbale va preparato con il “dialogo della vita”, del comportamento. Attraverso gesti di affetto concreto, azioni di segnalazione della disponibilità, che fanno capire l’interesse che si prova a prendersi cura e ad accudire con costanza e pazienza. Scoprire i piccoli segreti che rendono felice il partner o i figli, anticipare il loro desiderio di un rituale piacevole durante i cicli della giornata (la preparazione di un caffè servito, di una tisana, l’offerta di un aperitivo, la segnalazione di un articolo interessante, un rimando empatico della percezione di un sentimento di tristezza o di gioia in loro o in noi e l’interesse a volerlo condividere anche in silenzio), generare lo stupore di una sorpresa facendo qualcosa di nuovo insieme o accompagnando l’altro/a in una loro attività sportiva e quanto l’immaginazione può suggerire restando in osservazione neutrale per scoprire i lati nascosti e sconosciuti delle persone che ci vivono accanto, per accoglierli e amarli meglio. Senza pretesa e con cuore libero e disinteressato, per costruire il “noi”. 

Non passeranno inosservati e a lungo andare creeranno le condizioni per un’apertura al dialogo anche verbale, intimo, autentico. Prepareranno il campo per uno scambio alla pari in cui la relazione di amore e il sentimento fungeranno da contenitore privilegiato che supporta la manifestazione di quei bisogni inespressi e di quei macigni che vengono portati dentro e che possono essere posati a terra e utilizzati come basi per la costruzione della casa comune. 

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