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Bari , al Teatro Margerita il World Press Photo tra guerre, cambiamento climatico e sogni dei bambini

Bari , al Teatro Margerita il World Press Photo tra guerre, cambiamento climatico e sogni dei bambini

 
Carmen Palma

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Carmen Palma

Le storie per immagini in mostra fino all'8 dicembre: la Palestina, i giornalisti uccisi, la libertà di stampa in Italia e «L'agenzia spaziale gay»

Sabato 12 Ottobre 2024, 16:58

15 Ottobre 2024, 14:27

BARI - Cambiamento climatico, guerre, migrazioni, quotidianità, dolore, ma anche speranza e gioia. Sono questi i grandi temi del World Press Photo Exhibition 2024, tornato per l’undicesimo anno nel Teatro Margherita di Bari grazie a Cime, realtà pugliese tra i maggiori partner europei della Fondazione World Press Photo di Amsterdam. Gli scatti saranno aperti al pubblico fino all'8 dicembre.

Nata nel 1955, la Fondazione World Press Photo è una delle più importanti organizzazioni indipendenti e no-profit impegnata nella tutela della libertà di informazione, inchiesta ed espressione, promuovendo in tutto il mondo il fotogiornalismo di qualità. La mostra presenta i risultati del 67° concorso annuale indetto dalla Fondazione: i 24 vincitori, le sei menzioni d'onore e le due menzioni speciali della giuria raccontano le storie dei nostri tempi, alcune più tragiche di altre, ma sempre crude e vere, una lente sugli stravolgimenti sociali e culturali che ci attraversano in questa delicata fase della storia. 

Lo scatto dell'anno: una donna palestinese stringe tra le braccia la nipote morta per i missili israeliani

Tra le fotografie esposte vi è anche la Fotografia dell'anno, vincitrice nella categoria scatto singolo: quella di Mohammed Salem, raffigurante una donna palestinese che stringe il corpo di sua nipote. Un'immagine struggente che ha fatto il giro del mondo: lei è Inas Abu Maamar, 36 anni, e la bambina che culla tra le sue braccia è Saly, 5 anni, rimasta uccisa insieme ad altri quattro membri della sua famiglia quando un missile israeliano ha colpito la loro casa. All'intensificarsi della guerra nell'ottobre del 2023, Israele ordinò agli abitanti di Gaza di evacuare verso sud per la loro sicurezza, eppure, secondo quanto riportato da The Guardians e Al Jazeera, i raid israeliani hanno bombardato pesantemente Khan Younis, nel sud della striscia di Gaza. Molte delle vittime erano famiglie che avevano lasciato la città di Gaza nei giorni precedenti. Le donne e i bambini palestinesi rappresentavano più dei due terzi delle vittime della Striscia. Mohammed Salem ha scattato questa foto pochi giorni dopo la nascita di suo figlio: l'ha descritta come «un momento forte e triste che riassume il significato più ampio di quanto stava accadendo a Gaza».

Accanto alla foto di Inas e Saly, le due menzioni speciali della giuria mostrano uno scatto del 7 ottobre e uno dei bombardamenti in Palestina: il confronto tra immagini aiuta gli spettatori a comprendere le diverse proporzioni della devastazione, senza minimizzare la sofferenza individuale. 

Libertà di stampa in Italia tra legge bavaglio e intimidazioni

Al centro del Teatro Margherita, poi, sorge il totem con i nomi dei 1553 giornalisti uccisi dal 1992 al 2022. Dall'ottobre del 2023 al 9 settembre 2024, sono stati uccisi invece 116 giornalisti, di cui 111 palestinesi, 2 israeliane e 3 libanesi. «Il totem per noi rappresenta anche un modo per riflettere sullo stato di salute del giornalismo in Italia», spiega Vito Cramarossa, presidente dell'associazione Cime e curatore del World Press Photo Bari. E infatti è riportata anche la classifica sulla libertà di stampa nel mondo, dove il Bel Paese si piazza al 46esimo posto. Cinque posizioni in meno rispetto al 2023. Ad incidere, si legge sul totem, sono l'autocensura a cui cedono i giornalisti italiani, sia per evitare cause di diffamazione, sia per le minacce da parte di gruppi estremisti violenti che di organizzazioni mafiose. Ad aggravare tutto ciò c'è la «legge bavaglio» voluta dal governo Meloni, che vieta la pubblicazione di un'ordinanza di custodia cautelare fino alla fine dell'udienza preliminare. 

È impossibile riportare qui tutte le storie raccontate per immagini all'interno della mostra, ma tra le più particolari vi è quella Mackanzie Call per la categoria Open Format: «L'agenzia spaziale gay»: questo progetto, infatti, combina finzione e realtà per affrontare la storica esclusione degli astronauti LGBTQI+ dal programma spaziale americano. In una revisione degli archivi nazionali della NASA  e degli Stati Uniti, la fotografa non ha trovato alcuna documentazione di contributi da parte della comunità queer. Questa assenza l'ha spinta a immaginare The Gay Space Agency, un'istituzione eterogenea e inclusiva che celebra e omaggia la storia degli astronauti queer. 

Infine, tra gli scatti che raccontano meglio gli effetti disastrosi del cambiamento climatico, vi è lo scatto di Lalo de Almeida, «Siccità in Amazzonia», che raffigura un pescatore mentre attraversa il letto in secca di un ramo del Rio delle Amazzoni. Uno scenario che assomiglia molto più a un deserto, una fotografia d'impatto che parla più di mille parole. 

E alla uscita dalla mostra, i visitatori potranno ammirare i disegni dei bambini, i loro sogni per un mondo migliore: i primi messaggi, i primi arcobaleni e le prime onde del mare stanno riempiendo il muro del Margherita e così continueranno fino alla fine dell'esposizione. «Non ci sono parole - recita un biglietto firmato Angela - ma tutto ti dice che occorre l'amore, il dialogo e amore per l'umanità e per la nostra povera Terra».

(In video: Vito Cramarossa, direttore Cime e organizzatore World Press Photo Bari)

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