L'intervista all’ex campione
Eurovolley a Bari, parla Lucchetta: «Grand’Italia. Giannelli il mio erede»
«Eccezionale il calore del pubblico pugliese. Con l’Olanda sarà show»
BARI - L’Italvolley dei fenomeni e quella di Ferdinando De Giorgi, un racconto lungo trent’anni che si snoda fra coincidenze, podi e medaglie di vario colore, poi il calore della Puglia, il ritorno a Bari dove gli azzurri non perdono mai, uno sguardo al futuro con i piedi ben piantati a terra sul presente. Andrea Lucchetta racconta e si racconta, emoziona e si emoziona, ripercorrendo una storia che è un po’ quella di tutti gli appassionati del volley italiano. Proprio lui, che ha scritto pagine bellissime di questo sport indossando una fascia di capitano cucita sulla pelle. Una fascia che adesso è andata finalmente sul braccio giusto.
Giannelli, l’erede perfetto «Oggi la pallavolo si è chiusa su altezza, potenza, direzione d’attacco e velocità - confessa l’ex centrale azzurro - ma io non mi riconosco in nessuna di queste fasi. Però devo ammettere che finalmente, a distanza di trent’anni, ho trovato un leader come Simone Giannelli che questa fascia la sta onorando davvero. Ritengo che lui possa essere il trascinatore di questa nazionale verso risultati sempre più importanti. Simone è un giocatore straordinario, che interpreta il suo ruolo rivisitato in ottica moderna alla perfezione. Oggi, per esempio, il centrale diventa anche palleggiatore: quando fischia l’arbitro cambia completamente mentalità e diventa un killer spietato, che deve essere anche in grado di entrare bene nella distribuzione. Al cambio palla abbiamo la possibilità di generare un 70% di schemi in più e un buon 60% di attacchi individuali e varianti. E nel mettere in pratica questi concetti, Giannelli è l’interprete migliore in circolazione. Ritengo con lui di aver chiuso un cerchio: nell’ultimo Mondiale, Giannelli è risultato miglior palleggiatore e miglior giocatore con la fascia di capitano al braccio, proprio come accaduto a me nel 1990».
Grande De Giorgi Contro la Macedonia, l’Italvolley ha dimostrato di essere una corazzata che venderà cara la pelle contro chiunque per cercare di difendere il titolo europeo. «È una nazionale disegnata con innesti importanti, che possono dare continuità a un progetto tecnico lungimirante. Soprattutto - continua Lucky - ritengo che questi giocatori possano contribuire alla causa azzurra anche nei prossimi anni: sono arrivati in un momento brutto, coinciso con la sconfitta all’Olimpiade che brucia ancora. Lì probabilmente si è concluso un ciclo. Ferdinando è stato bravo a riprendere in mano la situazione, portando in nazionale dei giovani che rappresentano il meglio della nostra pallavolo, con i quali ha riaperto un ciclo vincente, dove sono arrivate subito due vittorie importanti tra Europei e Mondiali. Il commissario tecnico ha dato in mano le chiavi di questa squadra a Simone Giannelli, autentico leader che ha risposto presente sia in termini di eccellenza per quanto riguarda la distribuzione sia per quanto riguarda la voglia di guidare i suoi compagni di squadra verso risultati in linea con le aspettative della Federvolley. Questa squadra oggi ha un senso di appartenenza diverso rispetto a qualche tempo fa: ci sono giocatori che danno più importanza alla maglia che indossano e non al cognome che c’è scritto dietro».
Progressi Grazie ai sorteggi, L’Italia ha avuto un calendario di avvicinamento al Cev 2023 decisamente perfetto. Il torneo in Polonia è stato importante sotto tanti punti di vista. «In quella circostanza abbiamo ottenuto ottimi risultati battendo anche i padroni di casa. All’inizio di questa manifestazione - sottolinea Lucchetta - la partita con la Serbia è stata una cartina tornasole con la quale abbiamo avuto degli ottimi innesti, soprattutto in termini di resistenza. Abbiamo giocato bene, i vasi comunicanti hanno funzionato come dovevano. Michieletto non è risultato subito determinante come contro la Macedonia, benissimo invece Lavia e Romanò. Molto bene anche l’ingresso di Sbertoli, che è stato utilizzato proprio per far rifiatare Giannelli e mescolare un po’ le carte contro la Germania. Peccato che i tedeschi siano stati poi eliminati dall’Olanda, una squadra forte che incontreremo già nei quarti di finale in programma domani a Bari. De Giorgi ci ha dimostrato che in questa squadra non esistono seconde linee, bensì giocatori funzionali che riescono a dare il meglio quando vengono chiamati in causa. Chi entra dalla panchina non deve mettere una pezza, ma aggiungere qualcosa, dare il proprio contributo per alzare l’asticella leggendo bene la partita e trascinare i propri compagni nei miglioramenti. La coesione del gruppo è davvero importante, anche per questa ragione ritengo che questa squadra possa andare davvero lontano perché sta continuando a crescere».
Cuore pugliese Dopo i Mondiali femminili del 2014, quelli maschili del 2018 e il torneo preolimpico del 2019, Bari si è dimostrata all’altezza delle grandi manifestazioni internazionali di volley. Ma quanto incide un pubblico caldo come quello del Palaflorio nelle prestazioni della nazionale italiana? «La Puglia regala sempre grandi emozioni - sorride L’ex capitano azzurro - e non a caso la Federvolley ha scelto Bari per dare alla squadra di Fefè De Giorgi la spinta necessaria a compiere un ulteriore salto di qualità nelle partite più importanti prima della fase finale in programma a Roma. Nessun dubbio sul calore del pubblico barese e delle città limitrofe, ma più in generale di quello pugliese. L’apporto passionale di questa gente è straordinario. Questa regione è la culla del volley italiano, dalle giovanili alla prima squadra. Qui ci sono tutte le condizioni migliori per fare questo sport nel miglior modo possibile».
L’Olanda Intanto domani l’Olanda per i quarti di finale, una squadra che ha sfoderato una grande prestazione al cospetto della Germania trascinata dall’opposto Nimir Abdel-Aziz. Sulla panchina degli orange c’è anche un tecnico italiano, Roberto Piazza. «Noi dobbiamo essere bravi a contrastare a muro anche il secondo palleggiatore olandese - spiega Lucchetta - poi ovviamente Nimir è pericoloso perché attacca a 137km/h. Noi dobbiamo stare tranquilli e fare il nostro gioco, questi giocatori spaccano la riga alla tua sinistra. Noi non dobbiamo subire tanto ed essere molto concreti a muro, poi su palla alta abbiamo i centrali che possono dare qualcosa in più. Io dico che passa l’Italia, ma dobbiamo fare il ritmo gara. Possiamo anche concedere un set o arrivare al tie-break, ma abbiamo tutte le carte in regola per passare il turno».
Generazione di fenomeni In chiusura, Andrea Lucchetta torna sul fatto di aver guidato una squadra di fenomeni spiegando la genealogia di quell’etichetta. «Ci chiamavano così per enfatizzare le nostre imprese, ma non eravamo fenomeni. Siamo stati piuttosto minatori. Abbiamo lavorato per modificare lo stereotipo secondo cui il giocatore italiano non fosse affidabile. Siamo diventati squadra attraverso il culto del lavoro quotidiano. Per noi andare a lavorare in miniera significava andare ad allenarci in palestra tutti i giorni, fare spogliatoio, lavorare a martello per produrre quel cambiamento necessario affinché il giocatore made in Italy fosse ricercato per migliorare una squadra e colmare il gap con altre realtà sportive considerate vincenti. Proprio così è arrivata la vittoria agli Europei del 1989 e quella ai Mondiali del 1990. Guarda un po’ come gira la ruota della vita: a distanza di un bel po’ di anni, nel biennio 2021-2022, la nazionale italiana ha conseguito gli stessi risultati che hanno fatto grande la nostra squadra e i nostri nomi. Fefè è stato molto bravo a guidare questo gruppo giovane ad ottenere dei successi così importanti».