Il caso
«Nessuna responsabilità nel crac: D’Addario dev’essere prosciolto»
La difesa dell’ex patron del Taranto: «Diversi errori nella perizia»
«Enzo D'Addario non ha alcuna responsabilità nella bancarotta e deve essere prosciolto». È quanto in estrema sintesi ha sostenuto nel corso dell'ultima udienza l'avvocato Antonio Raffo che assiste l'imprenditore ed ex patron del Taranto Calcio che rischia di finire a processo dopo il crac del Gruppo societario. Ed è in particolare su questo punto che l'avvocato Raffo ha concentrato una parte della sua arringa evidenziando come, a suo avviso, il perito nominato dal giudice per l'udienza preliminare Pompeo Carriere abbia ignorato l'esistenza di un gruppo tra le varie società riconducibili a D'Addario.
Il crac, per l'accusa, è stato determinato da un buco di 27 milioni di euro ai danni della società «Automarket srl» (in precedenza «D’Addario Auto s.r.l»), che il tribunale ionico aveva dichiarato fallita a ottobre 2014. Per la difesa, tuttavia, il perito del tribunale ha erroneamente qualificato come presunti «atti di distrazione» i pagamenti effettuati dalla società Automarket alle altre società del “gruppo D’Addario”, senza considerare che tra le varie società esistevano documentati rapporti economici e commerciali che giustificavano quelle transazioni. Insomma quei pagamenti non sarebbero servite a spostare denaro dalle casse dell'azienda per evitare che fossero aggredite da creditori, ma semplicemente a pagare servizi e attività che le altre società avevano offerto ad Automarket. Non solo. Per l'avvocato Raffo il perito non ha neppure preso in considerazione che la società , proprio grazie all’appartenenza al “Gruppo D’Addario”, avrebbe ottenuto una serie di vantaggi: in sostanza l'impresa poteva contare per reperire mezzi finanziari sulle risorse del Gruppo o sulla maggiore capacità di indebitamento delle altre società del Gruppo. In parole più semplici Automarket, potendo beneficiare in generale di «finanziamenti infragruppo», ha avuto la possibilità di aumentare le proprie possibilità di provvista fondi e, quindi, di perseguire nuove e ulteriori opportunità che diversamente le sarebbero state precluse. Un punto che secondo il difensore conferma innanzitutto l’esistenza del Gruppo (espressamente indicata nei bilanci) e poi i vantaggi dell’appartenenza.
E proprio quei movimenti infragruppo, per la difesa, sono gli unici che avrebbero potuto causare la bancarotta visto che gli altri trasferimenti - come quelli effettuati in favore dei familiari di D'Addario per coprire spese per i figli o bisogni della famiglia - per il legale sono irrisori.
La procura ha chiesto 8 condanne per gli imputati che hanno scelto il rito abbreviato: il pm Remo Epifani ha chiesto per alcuni tra amministratori, membri del Cda, componenti del collegio sindacale e revisori dei conti che si sono avvicendati tra il 2008 e il 2014, pene tra i 3 e i 5 anni. Quest'ultima condanna è stata avanzata per l’imputato che ha ricoperto il ruolo di Amministratore unico dal 2008 al 2011, difeso dall’avvocato Raffaele Errico. In tre, tra cui lo stesso D'Addario, hanno invece optato per il rito ordinario. Infine solo due imputati hanno scelto la strada del patteggiamento. Parte offesa nel procedimento penale, come intuibile, la società fallita nella persona del curatore fallimentare che è assistito dall’avvocato Francesco Fusco.