il ritratto

Bitetti, il sindaco sulle montagne russe tra giravolte, indecisioni e firme inattese

francesco casula

L’avvio del mandato è stato caratterizzato da colpi di scena e dimissioni fino alla sottoscrizione finale («ma non è un accordo»)

TARANTO - Le dimissioni, il ritorno in carica, il «no» diffuso urbi et orbi e infine la firma. Nella vicenda dell’ex Ilva c’è più di qualcosa di imprevedibile che ha caratterizzato finora i primi mesi dell’amministrazione di Piero Bitetti. Il sindaco di Taranto ha più volte colto tutti di sorpresa nelle decisioni durante le diverse fasi dello scontro con il ministro Adolfo Urso, ma non solo. Scelte che sono apparse una sorta via di mezzo tra un’altalena e delle giravolte.

La prima è certamente quella delle dimissioni: la sera del 19 luglio dopo un incotro con le associazionia ambientaliste, al termine di alcuni momenti di tensione e di urla, Bitetti, in carica da circa un mese, molla tutto: si reca in ufficio protocollo e firma l’addio alla fascia tricolore. Nella comunicazione inviata alla stampa parla di «inagibilità politica»: stretto tra il dominus politico, il governatore Michele Emiliano favorevole all’accordo di programma proposto da Roma, e la sua maggioranza che invece è nettamente contraria, Bitetti dice basta. Ma dura poco. Appena 48 ore. Il 31 luglio, giorno in cui è fissato l’incontro al Mimit per la firma dell’accordo di programma, pubblica infatti un video dall’auto e annuncia che sta andando nella capitale: «Non solo non abbandono la nave – dice – ma voglio esserne il comandante». Quel giorno a Roma dice «no» alla proposta di Urso e aggiunge «Deve decidere il consiglio comunale».

Il Mimit invia una bozza il giorno dopo agli enti locali: si parla di tre forni elettrici e rinvia la decisione di costruire l’impianto Dri. Su quello dovranno evidentemente confrontarsi i consiglieri di maggioranza e opposizione. I giornali, poco dopo, annunciano la data in cui l’assise si riunirà: tutti concordi per l’11 agosto, vigilia del nuovo incontro al ministero. Anche i consiglieri sanno che quel giorno ci sarà l’assemblea monotematica per decidere il futuro della città e della fabbrica. Nessuno da Palazzo di Città smentisce, ma poi accade qualcosa. I capigruppo di maggioranza, in un incontro col sindaco ribadiscono il «no» alla proposta di Roma e all’improvviso il consiglio comunale salta. Arriva la reazione di Urso, infastidito da quel rinvio, ma il presidente del consiglio comunale, Gianni Liviano replica: «Non è mai stato convocato». Il consiglio comunale che tutti - consiglieri, giornalisti, associazioni ambientaliste, sindacato e non solo – attendevano non era in programma. Quel «deve decidere il consiglio comunale» di Bitetti, insomma, era un’idea. Forse un consiglio. Intanto il «no» della maggioranza è ufficiale: Taranto preparerà la sua proposta di andare da sottoporre al Ministro. Bitetti lo dice chiaramente: quell’accordo è irricevibile al punto che non andrà a Roma. E infatti il 12 si collega dal suo ufficio: doveva essere una riunione quasi formale e invece, ancora una volta, qualcosa cambia. All’improvviso. C’è l’intesa tra Ministeri , Regione, Provincia e Comuni di Taranto e Statte. «Non è un accordo di programma» chiarisce subito il primo cittadino. Eppure in quel documento ci sono tutti gli elementi necessari ai commissari di Ilva in As e AdI in As per pubblicare il nuovo bando di gara: su quelle tracce contenute nel documento, insomma, i possibili acquirenti della fabbrica presenteranno i loro progetti. Non solo. Proprio sulla base di quei progetti sarà decisa l’eventuale collocazione del Dri e quindi di una eventuale nave rigassificatrice: i tecnici, infatti, nelle riunioni precedenti lo hanno spiegano in modo chiarissimo «Per alimentare forni elettrici e Dri serve la nave». Di questo si discuterà dal 15 settembre in poi, quando sarà scaduto il termine per le proposte di acquisto del siderurgico. Un nuovo incontro a Roma e magari un nuovo colo di scena.

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