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Taranto e il business oloturie, il pm contro le assoluzioni: «Dimostrato in aula il disastro ambientale»

Taranto e il business oloturie, il pm contro le assoluzioni: «Dimostrato in aula il disastro ambientale»

 
ALESSANDRA CANNETIELLO

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ALESSANDRA CANNETIELLO

Bari, pesca illegale per un sub : sequestrati 60 kg di oloturie

La procura ricorre in appello dopo la sentenza emessa in primo grado. L'indagine ha portato anche in Cina e ad Honk Kong

Lunedì 11 Agosto 2025, 14:59

«Non vi è dubbio che il dibattimento non solo ha dato prova che la pesca operata dagli imputati fosse da considerare abusiva, ma soprattutto che avesse quelle dimensioni idonee a determinare la scomparsa delle oloturie dai tratti di mare attaccati, cosa che si è poi verificata tanto da costringere gli stessi a spostare le aree di pesca». È quanto si legge nell’atto con cui la procura ha deciso di ricorrere in appello contro la sentenza di assoluzione per i 14 imputati coinvolti nell’inchiesta «Deserto blu». Un’indagine che aveva messo in luce la strage di oloturie nei mari: secondo gli inquirenti, infatti, si era trattato di un business milionario di export verso Cina e Hong Kong, dove l’oloturia è molto ricercata, con la conseguenza di un vero e proprio disastro ai danni dell’ecosistema marino. Il pm Buccoliero mette nero su bianco la cronologia degli accertamenti eseguiti dalle forze dell’ordine in quegli anni a dimostrazione di «come certamente l’attività di pesca delle oloturie» fosse condotta «attraverso un sistema di pesca abusivo con l’uso di strumenti di pesca non consentiti ed effettuata da soggetti senza alcuna licenza».

Il collegio presieduto da Loredana Galasso, a latere i giudici Federica Furio e Michele Maria Tronci, aveva infatti sottolineato in sentenza che non solo non fosse stata provata l’attività abusiva, ma neanche l’entità del danno all’ecosistema. Il magistrato Buccoliero opera una lunga disamina normativa sul concetto di ecosistema e di deterioramento significativo e misurabile. In questa cornice la procura ritiene che le consulenze tecniche portate a processo abbiano raggiunto conclusioni non ipotetiche, ma bensì certe «atteso che dalle stesse emerge chiaramente che la pesca indiscriminata delle oloturie con la loro asportazione massiva attaccati dai mari lungi dal costituire un mero pericolo di danno alla biodiversità e all’ecosistema in realtà determina tale danno».

Nei confronti degli imputati (difesi, tra gli altri, dagli avvocati Nicola Cervellera, Gaetano Cimaglia, Luigi Esposito e Gaetano Vitale) le accuse erano di associazione a delinquere, inquinamento ambientale, gestione di rifiuti non autorizzata e disastro ambientale permanente, per aver alterato l’ecosistema del litorale ionico, con incursioni anche sulle coste di Bari, Brindisi e Lecce, asportando fin dal gennaio del 2015, oltre tre tonnellate di oloturie, i cosiddetti «cetrioli di mare», causando quasi l’estinzione di questa specie di molluschi.

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