L'approfondimento
DALL’ARCHIVIO Dieci anni fa l’arresto di Mastropietro prima di un assalto a un blindato
Il killer ucciso oggi dopo l'omicidio del carabiniere Carlo Legrottaglie aveva numerosi precedenti penali
Fermati prima che potessero far del male a qualcuno. Stavano per mettere a segno un altro feroce assalto a un furgone portavalori, i quattro uomini finiti ieri mattina in carcere al termine dell’indagine della Squadra Mobile di Taranto e dello Sco di Roma. Si tratta di Gilberto Dorno, 56 anni, incensurato di San Giorgio Jonico, ritenuto il presunto capo del commando; Pasquale Felice Barbati, 46, di San Giorgio Jonico; Luigi Demichele, 42, di Carosino e Michele Mastropietro, 47, di Carosino. Gli ultimi tre erano già noti alle forze dell’ordine per episodi di ricettazione e furto.
Dalle indagini, durate cinque mesi e andate avanti senza sosta, è emerso che la banda aveva già individuato il percorso e il luogo in cui sferrare l’attacco finale ai vigilanti. L’assalto armato doveva avvenire davanti ad un centro commerciale. Quando dalle intercettazioni telefoniche e ambientali gli investigatori hanno intuito che il commando faceva sul serio e che, anche questa volta, avrebbe usato ogni mezzo, armi comprese, per portare a segno l’assalto, hanno deciso di intervenire immediatamente, d’intesa con il sostituto procuratore Lucia Isceri che ha coordinato le indagini. Per evitare di mettere a rischio la pubblica incolumità, sono scattati così i fermi di indiziato di delitto il cui provvedimento è stato eseguito all’alba di ieri dai poliziotti della Squadra Mobile. Dorno, Demichele, Mastropietro e Barbati sono indiziati di aver messo a segno il tentativo di rapina al portavalori della Sveviapol il 2 maggio scorso sulla Carosino-Monteiasi.
Le accuse sono di associazione per delinquere finalizzata alla tentata rapina, al porto illegale di armi, alla ricettazione, alla violenza privata, all’incendio. Una lunga teoria di reati commessi nel corso dell’assalto ai danni del furgone portavalori dell’istituto di vigilanza della Sveviapol, che quel 2 maggio scorso trasportava 1 milione e 500 mila euro.
Nel corso dell’operazione di polizia sono state eseguite numerose perquisizioni, anche a carico di altri due pregiudicati, che risultano, al momento, solo indagati a piede libero. Ieri mattina sono state recuperate due auto ed una moto di provenienza illecita, una pistola su cui sono in corso accertamenti, un passamontagna, guanti ed altro materiale utile per il nuovo colpo.
I dettagli dell’operazione, ribattezzata «Armored», dall’inglese «corazzato» dalla particolare blindatura del furgone portavalori che impedì ai banditi di mettere a segno il loro assalto, sono stati illustrati ieri mattina nel corso di una conferenza stampa. all’incontro con i giornalisti hanno partecipato il procuratore Franco Sebastio e il sostituto procuratore Lucia Isceri, il questore Enzo Mangini, il capo della Mobile Roberto Pititto, con il dirigente Francesco Mastrangelo e il dirigente dello Sco di Roma Marco Basile. La base operativa della banda, come emerso dalle indagini, era una carrozzeria gestita dal 42enne di Carosino Luigi Demichele. Fondamentali si sono rivelati gli accertamenti sulle celle telefoniche agganciate dai cellulari dei banditi, presenti nella zona dell’assalto e l’analisi dei tabulati telefonici. Ma questa attività, come spiegato dal questore, è stata accompagnata da decine di appostamenti e pedinamenti. Dalle indagini è emerso che i malviventi eseguivano sopralluoghi durante il ritiro dei plichi dei portavalori di alcuni centri commerciali per preparare un nuovo assalto.