Il caso

Soldi falsi in cambio di bitcoin a Massafra: 3 condanne e 5 patteggiamenti

Alessandra Cannetiello

L’udienza preliminare si è conclusa anche con 4 rinvii a giudizio

MASSAFRA - Tre condanne, 5 patteggiamenti e 4 rinvii a giudizio. Si è conclusa così l’udienza preliminare nei confronti dei 12 imputati coinvolti nell’inchiesta sul fiume di monete e banconote false prodotte in una stamperia di Massafra e distribuite in tutta Italia: un giro di affari che attraverso Telegram permetteva la compravendita di denaro fasullo in cambio di bitcoin. Nella mattinata di ieri il giudice Francesco Maccagnano ha emesso sentenza per i 3 imputati che hanno scelto il rito abbreviato: 2 anni e 7 mesi per Emanuele Leone, 2 anni per Jamel Eddine Meziane e 1 anno e 4 mesi per Daniele Giovanni Tripoli.

Hanno invece patteggiato a 4 anni Mirko Laterza, difeso dall’avvocato Angelo Casa, a 3 anni Angelo Muzzonigro assistito dall’avvocato Ignazio Dragone. Inoltre 2 anni con pena sospesa per Christian Conte, difeso dall’avvocato Salvatore Maggio e Tommaso Bozza. Infine 2 anni per Nicolò Rossi e 1 anno e 6 mesi per Nicolò Bambina.

Infine il gup Maccagnano ha disposto il rinvio a giudizio per 4 imputati: sarà dunque un processo a stabilire le responsabilità di Monica Anna Pia Barletta, Giuseppe Gatto, Antonio Selece e Vincenzo Tateo difeso dall’avvocato Maurizio Besio.

Secondo i pm Francesca Colaci e Raffaele Graziano si tratterebbe di una associazione a delinquere composta da Laterza, ritenuto a capo dell’organizzazione, Muzzonigro che aveva il compito di «coniare» le monete false e venderle sul canale Telegram, ma anche Tateo che per gli inquirenti era il formale intestatario delle forniture energetiche e dei prodotti necessari per mandare avanti la «zecca» clandestina e infine Maziane e Rossi. Un business che, per la procura, aveva fruttato oltre 1 milione di euro e con base in via Petrarca a Massafra: era lì, infatti, che secondo gli investigatori venivano stampate monete false in tagli da 2 euro e 20 euro rivendute poi sul canale Telegram. Gli acquirenti dopo aver pagato in criptovalute le monete contraffatte per un valore dimezzato rispetto a quello ufficiale, ricevevano pacchi postali spediti con corrieri privati che partivano da Massafra.

L’inchiesta aveva unito due diverse indagini condotte dal comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria - Sezione Operativa e Sezione Criptovalute. La prima, nell’aprile del 2021 aveva portato al sequestro di 668 monete da 2 euro false dai militari della Compagnia Carabinieri di Montegiorgio in provincia di Fermo nelle Marche, nei confronti di due giovani del posto. Le successive attività sviluppate dai militari anche attraverso analisi tecniche eseguite dal «Cnac», acronimo di «Coin National Analysis Centre» della Zecca dello Stato, avevano dunque consentito di scoprire una «nuova ed insidiosissima classe di contraffazione originata in Italia, caratterizzata dalla coniazione di diverse facce nazionali, da un’ottima qualità realizzativa e dalla presenza del magnetismo, tutti elementi che le rendevano difficilmente distinguibili da quelle genuine».

Le indagini dei militari dell’Arma avevano inoltre permesso di arrivare a Christan Conte che, secondo gli investigatori, aveva ostacolato l’identificazione del denaro garantendo l’anonimato delle numerosissime transazioni illecite tra i venditori e gli acquirenti che veniva effettuato in criptovalute in modo da non mettere in relazione le parti rispetto a quella operazione finanziaria. Nei suoi confronti il giudice Benedetto Ruberto dispose il sequestro di bitcoin per un valore di circa 70mila euro.

Privacy Policy Cookie Policy