La storia
Arrestato per le bugie della ex, un tarantino racconta la sua odissea: «In cella per errore, ma difendo il codice rosso»
Era stato accusato di stalking, lesioni personali e revenge porn dopo le denunce fasulle della donna che ora rischia un processo per calunnia e tentata estorsione: «Ogni caso va approfondito»
TARANTO - «Sono finito in carcere da innocente, ma continuo a credere nella giustizia. Il “codice rosso” è una misura necessaria, ma spero che i giudici vogliano approfondire ogni aspetto prima di arrestare qualcuno». Comincia così il lungo racconto del 25enne tarantino finito prima in cella e poi per cinque mesi ai domiciliari con l’accusa di stalking, lesioni personali e revenge porn dopo le denunce fasulle della su ex che ora però rischia di finire sotto processo per calunnia e tentata estorsione.
La sua storia raccontata dalla Gazzetta nei giorni scorsi, ha portato alla luce i rischi che si nascondono dietro le indagini lampo che la magistratura è costretta a portare avanti dopo le denunce di donne vittime di violenza: un procedimento che si basa spesso sulle dichiarazioni delle vittime e consente l’applicazione di misure cautelari, come nel caso del 25enne.
Lo abbiamo ribattezzato Menelao, come il monarca tradito da Elena che scappò con il troiano Paride: dopo una storia di circa tre anni, in cui Menelao ha perdonato due tradimenti della donna, questa avrebbe iniziato a chiedere soldi e a minacciarlo di denunce in caso di rifiuto. E in breve, la storia è andata esattamente così: Elena ha raccontato agli inquirenti di violenze, maltrattamenti, persecuzioni tanto che un anno fa, il 25enne è stato arrestato.
«Io – racconta - ero nello studio del mio avvocato: il 10 novembre 2023. Mi hanno arrestato lì: mi è crollato il mondo addosso, non avevo parole per parlare. Riuscii solo ad avvisare i miei genitori. L'avvocato cercò di rassicurarmi, ma entrare in carcere è stato sconvolgente». Eppure proprio lì inizia per lui un periodo di riflessione e di lotta contro i pregiudizi.
«Mi chiedevo se fosse colpa mia. All'inizio volevo distruggere il mondo, ma poi ho capito che la giustizia avrebbe fatto il suo corso. Ma in quegli ambienti ero terrorizzato: il carcere è un trauma, io non ho mai preso nemmeno una multa. Sono sempre stato un lavoratore e avevo paura che i detenuti mi avrebbero fatto del male. La paura – spiega Menelao - è stata la mia compagna in quei giorni a pi qualcosa è cambiato: ero in cella con tre persone: mi trattarono benissimo, come il nuovo arrivato. Mi dissero che dovevo sempre ridere e scherzare altrimenti lì il tempo non passava. Loro mi dicevano che avevo sbagliato, ma io sapevo che non era così. Non sapevo nemmeno come spiegarglielo. Tutti si professano innocente e non volevo sembrare uno dei tanti, ma io sapevo di esserlo davvero. Quando gli ho spiegato tutta la storia mi dissero che il gip mi avrebbe messo ai domiciliari e così è stato». Subito l’interrogatorio di garanzia, grazie ai documenti prodotti dagli avvocati Donato Lucaselli e Angela Cortese, ottiene la scarcerazione, ma al Riesame non bastano a far cadere le accuse. Pochi giorni prima, il 18 novembre, l’Italia era stata scossa dal ritrovamento del corpo di Giulia Cecchentin, brutalmente uccisa: da una settimana l’opinione pubblica sperava nel ritrovamento a lieto fine della ragazza che in realtà era stata brutalmente uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta.
«Forse i giudici sono stati condizionati da quella vicenda, magari hanno pensato che io potessi essere un altro potenziale Turetta: con tutte le bugie che ha raccontato lei devo essere apparso come un mostro. Quindi un po’ penso che purtroppo sia normale che abbiano creduto a lei, ma resta il fatto che io non dovevo andare in carcere. Onestamente non è giusto. Bisognava accertare che io le avessi veramente fatte quelle cose». Menelao sorride amaramente quando ricorda che lei aveva dichiarato di essere stata picchiata: «Ma quando mai? Ero io che le prendevo. La sostenevo economicamente con migliaia di euro all’anno e in più venivo anche picchiato. Mi seguiva sul lavoro, pretendeva videochiamate per accertarsi che fossi al lavoro: praticamente tutto il contrario delle storie che finiscono sulla tv. Denunciarla? Ero innamorato, ma non era solo questo: mi spaventava anche l'idea di fare un brutta figura. Un uomo picchiato da una donna… Però agli uomini voglio dire di denunciare tutto: non abbiate vergogna, la posta in gioco è troppo alta».
A salvarlo sono stati i suoi avvocati che hanno chiesto e ottenuto l’analisi dei cellulari portando alla luce i messaggi che la donna aveva fatto sparire: conversazioni che ricostruiscono un quadro completamente diverso che ha permesso di scagionare Menelao e portare sotto accusa Elena e il suo attuale compagno. «Sì, certo che continuo a credere nella giustizia, ma vorrei che tutti avessero più attenzione: in quelle carte c'è la vita delle persone. E in quelle. Lette forse superficialmente, c'era la mia».