I nodi del siderurgico

Gestione dell’ex Ilva, «colpo» a ArcelorMittal

Redazione Primo Piano

Holding insolvente, adesso rischia la multinazionale

TARANTO - La sezione crisi d’impresa del Tribunale di Milano, decidendo sul «ricorso promosso da Acciaierie d’Italia spa in amministrazione straordinaria», ha dichiarato con sentenza «lo stato di insolvenza di Acciaierie d’Italia Holding spa, già posta in amministrazione straordinaria nella primavera scorsa dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy».

«All’esito del procedimento - spiega il presidente del Tribunale Fabio Roia - al quale hanno preso parte anche il socio privato Arcelormittal Italy Holding srl e il socio pubblico Invitalia spa, è stato accertato, anche con l’ausilio di un supporto consulenziale uno squilibrio finanziario di quasi un miliardo di euro, di composizione eterogenea, per lo più riconducibile a debiti verso i soci, verso professionisti e fornitori». La verifica di «stato passivo è stata fissata davanti al giudice delegato della procedura, dott.ssa Laura De Simone, per il 5 marzo 2025».

Il Tribunale fallimentare di Milano, presieduto da Laura De Simone, a fine giugno scorso aveva deciso di nominare un consulente tecnico per valutare la situazione, prima di decidere se dichiarare o meno lo stato di insolvenza, richiesto dai commissari straordinari e anche dalla Procura milanese che si era associata. Insolvenza decretata ora per Acciaierie d’Italia holding, la capogruppo delle cinque società dell’ex Ilva già dichiarate insolventi nei mesi scorsi e per le quali di fatto era iniziata l’amministrazione straordinaria.

Per la Procura, che aveva partecipato alle udienze col pubblico ministero Pasquale Addesso, sulla holding il conflitto tra i soci, ossia Invitalia, il socio pubblico, e i franco-indiani di Arcelor Mittal, era «insanabile». Con la dichiarazione di stato di insolvenza anche della holding può partire di fatto l’amministrazione straordinaria per il gruppo delle acciaierie.

Dal punto di vista operativo non cambia nulla per il complesso aziendale ex Ilva ma la decisione del tribunale di Milano conferma la bontà dell’operato dei commissari straordinari Fiori, Quaranta e Tabarelli e potrebbe indurre a più miti consigli Arcelor Mittal. La multinazionale dell’acciaio aveva la maggioranza delle quote nella holding di Acciaierie d’Italia e dunque ha economicamente da temere dalla partita-insolvenza. Nei giorni scorsi qualcosa si è mosso per cercare una intesa tra le parti a tacitazione di ogni pretesa ma da parte anglo-indiana ci sarebbe ancora troppa timidezza.

«Senza decarbonizzazione per la produzione di acciaio non c’è futuro né a Taranto né altrove. Sull’ex Ilva la destra procede a fari spenti, non ha una strategia industriale, c’è il rischio di uno spezzatino e il Ministro Urso ha presentato un bando per la vendita senza visione industriale e che non garantisce il percorso di decarbonizzazione. Questa classe dirigente del PD non ha avuto paura di contestare il bando che portò all’assegnazione per Mittal, andando contro, in quegli anni, anche ad un governo dello stesso colore politico, perché il diritto alla salute per noi è sempre venuto prima di qualsiasi altro diritto» dice intanto Francesco Boccia, presidente dei senatori del Partito democratico.

«L'Ilva di oggi va avanti con circa 2 mln di tonnellate di produzione, cassa integrazione andata ben oltre le previsioni più volte sbagliate dal governo, con l’aggravante dell’inquinamento che persiste e non è più tollerabile. Eravamo e siamo convinti che si debba e ci debba essere uno sviluppo industriale moderno, rispettoso dell’ambiente e della salute. A partire da Taranto; ma purtroppo il governo va in direzione sbagliata e opposta» conclude Boccia.

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