Ex Ilva
Taranto, via al processo d'appello «Ambiente svenduto»: braccio di ferro sulla sede. Si riprende il 17 maggio
Anche i magistrati sono soggetti danneggiati dalle emissioni dello stabilimento siderurgico. La difesa dei Riva chiede il trasferimento a Potenza
TARANTO - Alle 10,15 è entrata in aula la Corte d'Assise d'Appello dando il via al processo di secondo grado «Ambiente svenduto». Celebrarlo a Taranto o spostarlo a Potenza. È questa la prima questione su cui dovrà esprimersi la Corte per dare il via al nuovo grado di giudizio sulle emissioni velenose dell’ex Ilva che il 31 maggio 2021 portò a numerose condanne nei confronti della famiglia Riva, ex proprietaria della fabbrica, dei dirigenti e di alcuni esponenti della politica locale e regionale. Il presidente Antonio Del Coco, con il giudice a latere Ugo Bassi e sei giudici popolari, dopo aver verificato una serie di aspetti procedurali e costituite le migliaia di parti in causa, dovrà esprimersi sulla richiesta formulata dai difensori dei principali imputati nel maxi processo.
In particolare nel ricorso firmato dalla difesa di Fabio Riva, condannato a 22 anni di carcere, l’avvocato Luca Perrone, tra le diverse contestazioni alla decisione dei primi magistrati contiene anche la richiesta di trasferire il processo in un’altra sede. Una istanza già avanzata negli anni scorsi e rigettata dalla magistratura. La tesi della difesa è che i giudici di Taranto, anche quelli togati e popolari che hanno emesso la sentenza, sono da considerare come «parti offese» cioè vittime dello stesso reato che sono stati chiamati a giudicare. La difesa ha evidenziato come molti di loro vivano negli stessi quartieri in cui risiedono numerose vittime che in primo grado hanno ottenuto il risarcimento: questo, secondo la difesa, dimostra come i giudici siano da considerare come soggetti danneggiati dalle emissioni dello stabilimento siderurgico.
La difesa ha inoltre citato tre casi di magistrati onorari che si erano costituiti nel processo «ambiente svenduto»: uno di loro ha ritirato la richiesta di risarcimento, ma due invece sono andati avanti. Quando le difese avevano sollevato, nel 2016, questa situazione, la Corte aveva rigettato la richiesta di trasferire il processo offrendo spiegazioni per le due vicende. In un caso aveva spiegato l’istanza della difesa era irrilevante poiché la domanda di risarcimento era stata presentata nel 2016 e il magistrato aveva cessato il suo incarico onorario nel 2015, mentre per il secondo caso era irrilevante poiché l’uomo aveva terminato il suo ruolo nel 2005.
Una richiesta a cui evidentemente si opporrà il pool di magistrati dell'accusa, composto dai pm Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile, Remo Epifani e Raffaele Graziano della procura di Taranto insieme con il procuratore generale Mario Barruffa. Inoltre la difesa di Fabio Riva ha sostenuto che la sentenza di primo grado «ha operato una ricostruzione della vicenda Ilva in nulla condivisibile, se non surreale» che secondo il professionista tarantino ha un filo rosso riassumibile nell’accusa mossa a Riva: «non hai fatto nulla, se hai fatto qualcosa lo hai comunque realizzato in ritardo e con una finalità di produzione e di profitto e non già di tutela della salute umana e dell’ambiente». L’avvocato ha inoltre ricordato il procedimento penale che ha visto Fabio Riva imputato dinanzi al tribunale di Milano in cui per l’imputato è assolto nei diversi gradi di giudizio: in quell’occasione, ha sottolineato la difesa, «sono stati valutati i comportamenti non solo del Rag. Fabio Riva, ma della intera gestione privata dello stabilimento Ilva di Taranto, riconoscendo la cruciale rilevanza degli ingenti investimenti operati per migliorare gli impianti, che, in questa sede invece, ancora oggi risultano ostinatamente negati o derubricati quanto ad importanza, rilevanza e, soprattutto, finalità». Insomma la nuova battaglia tra accusa e difesa entrerà da subito nel vivo.
SI RIPRENDE IL 17 MAGGIO
La Corte d’Assise d’Appello presieduta dal giudice Antonio Del Coco ha calendarizzato le udienze fino alla pausa estiva del processo Ambiente Svenduto legato al presunto disastro ambientale causato dall’ex Ilva. La prossima è fissata per il 17 maggio alle ore 10. L’aula bunker della vecchia Corte d’Appello di Taranto ospiterà le udienze il venerdì. Quelle successive saranno il 17 e 24 maggio, il 7, 14, 21 e 28 giugno e il 12 luglio
La Corte intende utlizzare le prossime quattro udienze per le questioni preliminari e le richieste di rinnovazione dell’istruttoria, «sopratutto - ha precisato il giudice Del Coco - quelle che potrebbero definire il giudizio. Dovrete illustrare ai giudici popolari - ha aggiunto rivolgendosi ai legali degli imputati - il vostro punto di vista e avrete risalto e spazio».
Altre due udienze saranno dedicate alle repliche delle parti civili e della pubblica accusa. Poi la Corte avrà due settimane di tempo per esprimersi e stilare anche il programma per la ripresa del processo. Nella prossima udienza la Corte deciderà in merito alle richieste di sospensione della provvisoria esecuzione delle provvisionali nei confronti delle parti.
DIFESA RIVA DEPOSITA NUOVA DOCUMENTAZIONE
a difesa dei Riva ha presentato nuova documentazione nella prima udienza del processo d’appello legato all’inchiesta Ambiente Svenduto. Sono stati infatti depositati dall’avvocato Pasquale Annicchiarico motivi d’integrazione e supporti informatici. La Corte d’Assise d’Appello, dopo le repliche delle parti, deciderà in una prossima udienza sulla loro ammissione. In primo grado le condanne più alte, rispettivamente a 22 anni e 20 anni di reclusione, furono inflitte a Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’Ilva, che rispondevano di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro.
A 21 anni e 6 mesi fu condannato l’ex responsabile delle relazioni istituzionali Girolamo Archinà, a 21 anni l’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso.
Furono inflitti tre anni e mezzo di reclusione (di 5 anni la richiesta dell’accusa) all’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola a cui viene contestata la concussione aggravata in concorso, in quanto, secondo la tesi degli inquirenti, avrebbe esercitato pressioni sull'allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato (condannato a 2 anni per favoreggiamento), per far «ammorbidire» la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall’Ilva.
Oggi in aula erano presenti alcuni dei 38 imputati (stralciata la posizione di Lanfranco Legnani, uno dei 'fiduciarì della famiglia Riva, deceduto nelle scorse settimane). Tra questi, lo stesso Assennato; Francesco Perli, avvocato amministrativista del gruppo; Antonio Colucci, ex capo area logistica operativa del Siderurgico; e Gianni Florido, ex presidente della Provincia di Taranto.
Rispetto a primo grado sono 5 gli imputati in meno (furono assolti) perchè non è stato proposto appello nei confronti dell’ex sindaco di Taranto Ippazio Stefano, dell’allora capo di gabinetto regionale Francesco Manna, di Dario Ticali presidente della commissione ministeriale Aia del 2011, e di due ex 'fiduciarì dell’azienda, Giuseppe Casartelli e Cesare Corti.