Delitto ai tamburi

Taranto, per l'omicidio Rotondo ergastolo cancellato

francesco casula

Per Balzo e Carmelo Nigro pena ridotta a 20 anni. Per alcuni furti di droga nel sottoscala il 43 enne detto «lo sceriffo» aveva mostrato propositi di vendetta su facebook

Dall'ergastolo a 20 anni di reclusione. Si è chiuso così il processo d'appello per due dei tre tarantini accusati dell’omicidio di Graziano Rotondo, il 39enne di Palagianello ammazzato in un bunker scavato sotto le palazzine di via Machiavelli al rione Tamburi il 16 dicembre 2020. La Corte d'assise d'appello di Taranto ha infatti dato l'ok al concordato tra accusa e difesa che ha ridotto la pena nei confronti degli autori del delitto: Vincenzo Balzo, 43enne detto «lo sceriffo» ritenuto anche a capo di un’articolata e fiorente attività di spaccio che aveva la sua base alle «case parcheggio», e Carmelo Nigro di 36 anni. Scende a 18 anni invece la condanna per il 26enne Giovanni Nigro che in primo grado avere rimediato una condanna a 20 anni.

Gli avvocati difensori, Luigi Esposito, Salvatore Maggio, Clara Veneto e Gaetano Vitale, sono infatti riusciti a far cadere nel processo di secondo grado l'aggravante della crudeltà che in primo grado aveva impedito di accedere al rito abbreviato che consente, in caso di condanna, lo socnto di un terzo della pena. E così, i giudici d'appello hanno ridotto le pene per i tre imputati: per Balzo e Carmelo Nigro, quindi la riduzione è stata applicata alla pena massima prevista dal codice penale che è di 30 anni di reclusione chiudendo il processo di secondo grado con 20 anni di carcere.

In primo grado, il Marzia Castiglia che aveva coordinato le indagini della Squadra Mobile di Taranto, aveva chiesto tre ergastoli contestando a tutti l’aggravante della crudeltà: la Corte l'aveva riconosciuta solo per due dei tre imputati.

Per l'accusa, l'omicidio di Rotondo è da considerare una vendetta voluta dagli imputati per punire chi, da qualche tempo, si intrufolava nel locale sotterraneo per rubare gli stupefacenti che erano custoditi. Nel corso del processo, infatti, il fratello della vittima aveva ammesso di aver già rubato droga da quel bunker. Per quei furti Balzo aveva mostrato la sua rabbia e i propositi di vendetta anche tramite alcuni post su facebook. Quell'atto, tuttavia, aveva anche un'altra finalità: non era solo un generico proposito di vendetta, ma per il pm Castiglia anche il modo per affermare «il proprio prestigio criminale e la capacità di sopraffazione su chiunque avesse sfidato il loro controllo assoluto e pieno sulla gestione dell’attività illecita di spaccio di stupefacenti». Le famiglie Balzo e Nigro, infatti, per gli investigatori gestivano una delle piazze di spaccio più stabili e importanti della città: uccidere Rotondo, quindi era necessario anche per difendere la loro credibilità criminale «in tutta la sua forza e prestigio».

Il collegio difensivo aveva invece sostenuto che non era un'esecuzione, ma una «disgraziata e sfortunata coincidenza», un incidente con protagonista solo Carmelo Nigro: sarebbe stato lui ad accorgersi che qualcuno si era intrufolato nel bunker e per paura avrebbe impugnato l'arma e una volta dentro, al buio, ci sarebbe stata una sorta di colluttazione durante la quale Rotondo avrebbe colpito Nigro con una pietra e a quest’ultimo sarebbe partito accidentalmente un colpo che ha ucciso il 39enne.

Bisognerà attendere le motivazioni del nuovo verdetto, ma appare evidente che i giudici avranno ritenuto che il delitto non sia stato premeditato né aggravato dalla crudeltà, ma probabilmente un'azione d'impeto maturato in quegli attimi.

Infine va evidenziato che i familiari delle vittime hanno revocato costituzione di parte civile.

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