I nodi dell'acciaio

Ex Ilva, a Taranto protesta imprenditori indotto blocca il centro: oggi audizione Morselli al Senato

Redazione online (foto e video Todaro)

Si chiedono risposte al governo sul pagamento delle forniture per 150 milioni di euro già fatte. I decreti varati dal governo per aiutare l’indotto con le sue 80 aziende e 2600 dipendenti non trovano ancora applicazione

TARANTO -  Gli imprenditori del'indotto ex Ilva aderenti ad Aigi hanno rimosso dopo diverse ore il blocco sul ponte girevole di Taranto ripristinando il presidio sotto la Prefettura, iniziato ieri. Prosegue la protesta per invocare la tutela dei crediti vantati nei confronti di Acciaierie d’Italia, pari a 140 milioni di euro. Gli imprenditori, che hanno sospeso da diversi giorni forniture e servizi, chiedono il ristoro delle fatture per poter riprendere le attività. Si dicono «disperati» perché non hanno più liquidità per mandare avanti le proprie ditte e pagare i dipendenti e temono di veder svanire i propri crediti, come accadde nel 2015 quando fu commissariata l’Ilva dei Riva.

Anche Casartigiani, che ieri, dopo 46 giorni, ha sciolto il presidio degli autotrasportatori in atto nel piazzale della portineria C dello stabilimento siderurgico, «esprime la sua massima solidarietà alle imprese dell’indotto ancora in protesta» e spiega «che lo stato di agitazione permane, data l'importanza della tematica e le ricadute negative che la città potrebbe avere se non si arrivasse a una soluzione».

Intanto, il Partito democratico di Taranto oggi ha inviato al prefetto Paola Dessì la richiesta di un tavolo istituzionale con il coinvolgimento dei rappresentanti delle imprese dell’indotto e dei soci di Acciaierie d’Italia, «sostenendo - è detto in una nota - le istanze del tessuto imprenditoriale che ruota attorno all’attività dello stabilimento. Ciò al fine di far convergere gli sforzi a tutti i livelli istituzionali verso la vertenza ex Ilva, che continua ad allarmare la comunità intera». 

LA CRONACA DELLA GIORNATA

Prosegue a oltranza e sale di tono la protesta degli imprenditori dell’indotto ex Ilva aderenti ad Aigi, che hanno mantenuto anche durante la notte un presidio davanti alla prefettura di Taranto e poi si sono spostati sotto la sede del municipio. Il centro della città è bloccato. Le imprese invocano tutele per i crediti vantati nei confronti di Acciaierie d’Italia (almeno 150 milioni di ero) che rischiano di perdere in caso di ricorso all’amministrazione straordinaria, così come avvenne nel 2015 quando l’Ilva (si chiamava ancora così) fu commissariata e andarono in fumo crediti per 150 milioni.

Diversi imprenditori si sono incatenati e hanno occupato la strada davanti a palazzo del governo. Nelle vicinanze sono stati montati dei bagni chimici. Ieri una rappresentanza dei manifestanti è stata ricevuta dal prefetto Paola Dessì, a cui sono state consegnate simbolicamente le chiavi dell’azienda. Poi una delegazione si è spostata a Bari per incontrare il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, e gli assessori allo Sviluppo Economico Alessandro Delli Noci e al Lavoro Sebastiano Leo. Aigi sollecita risposte avendo "constatato - è scritto in una lettera al prefetto - l’assenza di responsabilità politica a tutela delle imprese che hanno consentito alla grande fabbrica di essere considerata strategica per il Paese».
Le imprese dell’indotto hanno sospeso da diversi giorni le attività per il Siderurgico e in molti casi hanno dovuto fare ricorso alla cassa integrazione per i lavoratori. La protesta ora si è spostata sotto Palazzo di città. «L'unica possibilità - ha commentato Fabio Greco, presidente di Aigi - è un accordo bonario tra le parti per poter pagare i crediti immediati ai nostri fornitori. Questo ci darebbe la possibilità di ripartire».

Palazzo Chigi ha convocato i sindacati sul dossier ex Ilva lunedì 19 febbraio alle 18:15, presso la Sala Monumentale a Largo Chigi. Lo si apprende da fonti sindacali.

MORSELLI: DEBITO VERO UN PO' MENO DI 700 MILIONI

"Il debito è in massima parte intercompany verso la società capogruppo per 1,3 miliardi. Ma il debito vero un po' meno 700 milioni di cui scaduto solo la metà. Solo il 18% dei 3 miliardi è debito scaduto rispetto al valore contabile. Abbiamo pagato gli stipendi fino a ieri. L'azienda produce regolarmente. Il vero problema è la liquidità per questa azienda Morselli e Arcelor Mittal non sono il problema, ma la soluzione non si fa con decreti ma con le volontà di proteggere l'azienda''. Lo sottolinea l'Ad di AdI, Lucia Morselli, in un'audizione al Senato.

«Questa azienda ha circa 10mila persone con una produzione, quest’anno, di tre milioni di tonnellate. Abbiamo un enorme eccesso di personale. Nonostante questo abbiamo sempre pagato gli stipendi, anche in questo mese».
Lo ha dichiarato l’a.d di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli, in audizione presso la commissione Industria del Senato.
«Abbiamo 2,5 milioni di tonnellate di acciaio venduto, come ordini in essere non evasi, e 1 milione di tonnellate di acciaio in magazzino tra materie prime e prodotti finiti anche in corso di lavorazione», ha proseguito.
«Non è un’azienda in una situazione drammatica, ma è un’azienda senza capitale di funzionamento. Gli unici soldi che abbiamo avuto fino ad adesso sono i soldi dei soci, che però finiscono. Servono linee di credito dalle banche», ha spiegato.

«Il decreto sull'amministrazione straordinaria cancella tutte le possibilità intermedie di gestione della crisi dando la possibilità di usarne una sola: l'amministrazione straordinaria».
Così l’a.d di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli, in audizione presso la commissione Industria del Senato.
«Il Tribunale di Milano, che per noi non è un campo di battaglia, ha confermato la possibilità di eliminare tutte le misure intermedie. Sentenza che noi rispettiamo. Ma come tutte le sentenze ha una conseguenza: ha gettato l’azienda in una profonda incertezza. Avevamo adottato un sistema, la composizione negoziata, che dava un riferimento giuridico a tutti gli stakeholder. Con questo decreto si toglie questa certezza e si mette l’azienda in una profonda aleatorità. La composizione negoziata continua per ora ma non si sa fino a quando. La decisione, se continuare o no, è nelle mani degli azionisti diretti oppure anche indiretti», ha spiegato.

«Da settembre abbiamo avuto molto chiaro che l’azienda avrebbe avuto bisogno di finanziamenti, come aveva detto in audizione il presidente Bernabè. Fino a questo momento l’azienda non ha avuto una disponibilità finanziaria adeguata, dal mercato finanziario, per un motivo semplice: perché il nostro affitto scade tra tre mesi, è impossibile trovare accesso a finanziamenti bancari».
Lo ha dichiarato l’a.d di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli, in audizione presso la commissione Industria del Senato.
«Abbiamo chiesto più volte aiuto ai soci (Arcelor Mittal e Invitali) per coprire il fabbisogno, che ci consentisse di fare diventare questa azienda normale, possedendo gli impianti che usa. Abbiamo ripetutamente richiesto ai soci di provvedere a questo fabbisogno che aveva come scopo unico quello di fare diventare l’azienda in grado di procurarsi i fabbisogni finanziari sul mercato, comprando gli impianti da chi li possiede. Gli azionisti hanno lavorato intensamente ma non sono riusciti a trovare un accordo», ha spiegato Morselli.

"Ieri sono arrivate in due ore 78 aziende e probabilmente ne arriveranno altre. Io penso che lo strumento di crisi sia l'ultimo che si debba adottare perchè porta choc sul mercato dei fornitori che si vedono cancellato il debito. I crediti dei dipendenti sono difficili da riavere, come le ferie. Questa azienda non ha molti attivi, non ha niente da liquidare". Lo sottolinea l'Ad di Acciaierie d'Italia, Lucia Morselli, in occasione di un'audizione al Senato.

Privacy Policy Cookie Policy