Il processo
Peculato al Comune di Manduria: assolta l’ex commissario Garufi
Il giudice ha disposto l’avvio di un processo per altri cinque imputati ipotizzando l’abuso d’ufficio
MANDURIA - Assolti dall'accusa di peculato e truffa, ma sarà un processo a valutare l'ipotesi di abuso d'ufficio. È l'esito dell'udienza preliminare nei confronti di dirigenti e alcuni membri della commissione prefettizia che ha gestito il Comune di Manduria dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del 2017.
Il giudice per udienze preliminari Francesco Maccagnano ha prosciolto con formula piena da alcune accuse le sei persone finite nell'inchiesta condotta dalla procura: il magistrato ha accolto la tesi del collegio difensivo, tra i quali gli avvocati Lorenzo Bullo e Nicola Marseglia, ritenendo infondata una parte delle imputazioni nei confronti degli imputati. Tra questi c'era il prefetto Francesca Adelaide Garufi che ha guidato il comune da settembre 2017 a maggio 2018: Garufi esce quindi dal processo dato che quella di peculato era l'unica accusa nei suoi confronti.
Per tutti gli altri invece il giudice Maccagnano ha disposto il rinvio a giudizio: sarà quindi un processo chiarire le eventuali responsabilità penali. A giudizio si dovranno difendere dalle accuse di abuso d'ufficio i successori della Garufi, il prefetto Vittorio Saladino e i suoi collaboratori Luigi Scipioni e Luigi Cagnazzo che hanno condotto l’ente messapico fino alle elezioni del 2020. A questi si aggiungono i dirigenti comunali Vincenzo Dinoi ed Emanuele Orlando. Ai due dirigenti l’accusa, tra le altre cose, è di aver disposto una serie di bonifici illegittimi. Sia Orlando che Dinoi avrebbero infatti firmato mandati di pagamenti per familiari dello stesso Dinoi che versava in evidente stato di conflitto di interessi. Da quanto emerge dagli atti di inchiesta Orlando formava e sottoscriveva la delibera dì liquidazione della somma di 276mila euro a favore di parenti del collega Dinoi: somme che erano dovute per una sentenza del tribunale, ma che avrebbero dovute essere inviate prima a Cassa Depositi e Prestiti che le avrebbe a sua volta girate ai diversi destinatari. A Dinoi, invece, sono contestati 9 mandati di pagamento tra cui ben tre destinati a sé stesso: anche in questo caso di trattava di denaro che il Comune era tenuto a versare, ma non direttamente.