Odissea Ilva
Taranto, Ilva: «Operai in cassa da mesi ormai siamo all'allarme sociale»
I sindacati: la situazione è grave, adesso ci telefonano anche mogli e figli. Palombella (congresso Uilm): «Fallimentare anche l’affidamento alla multinazionale indiana »
TARANTO - Lunghi periodi di cassa integrazione con sforbiciate alle buste paga e difficoltà enormi a far fronte al caro-vita e ad arrivare alla fine del mese. Con famiglia a carico e mutui da pagare. I sindacati spiegano che «metà della forza-lavoro dello stabilimento è a casa. Riceviamo tante telefonate dai lavoratori, ma anche da mogli e figli che chiedono dignità per il marito o per il papà. La condizione è veramente drammatica, il tutto rischia di deflagrare in una bomba sociale».
Ieri ha parlato della questione ex Ilva il leader della Uilm Rocco Palombella nel corso del Congresso nazionale a Roma. «La vertenza - ha affermato - dopo 10 anni ancora non vede la soluzione a causa della mancanza di volontà dei vari governi. Anche l’affidamento alla multinazionale indiana, senza una vera volontà politica, si è dimostrato fallimentare. Dopo pochi mesi dal contratto la multinazionale ha fatto ricorso ininterrottamente all’utilizzo della cassa integrazione senza una plausibile motivazione». Il risultato, ha chiosato, «è ormai sotto gli occhi di tutti: gli impianti di Taranto, Genova e Novi sono quasi in una situazione di non ritorno, la produzione è ai minimi storici, mancano le risorse finanziarie per la gestione ordinaria degli impianti, gli investimenti ambientali e tecnologici sono ridotti al lumicino e 3mila lavoratori sono in cassa integrazione dall’inizio di marzo».
A questi, ha detto ancora Palombella, «si aggiungono i 1.700 dell’amministrazione straordinaria in cassa integrazione da oltre 4 anni. I Decreti Aiuti bis e ter hanno concesso 2 miliardi, uno per la produzione del preridotto e uno per l’aumento di capitale che vedrebbe Invitalia diventare socio di maggioranza. I tempi sono medio-lunghi, per questo la situazione rischia di precipitare da un momento all’altro».
Il coordinatore di fabbrica della Uilm Gennaro Oliva, intervenendo in una trasmissione Rai, ha ricordato che «anche l’indotto continua a soffrire (secondo Confindustria vanta crediti per 100 milioni di euro, ndr). In tutte le ditte d’appalto c’è molta cassa integrazione e addirittura queste ditte che prima facevano di tutto per entrare all’interno di questo stabilimento per lavorare, negli ultimi mesi sono scappate via».
Il sindacalista ha rilevato un altro paradosso. «Se non garantisci - ha sostenuto - la manutenzione ordinaria, mentre fai i lavori di ambientalizzazione a cadere a pezzi sono gli altri impianti».
Da luglio sono fermi l’Afo 2 e l’Acciaieria 1 e non c’è ancora una data per la ripartenza. «Ci avevano detto - ha evidenziato il coordinatore di fabbrica Uilm - che a inizi di settembre dovevano ripartire, invece sono tutte chiacchiere. Purtroppo questo stabilimento continua a tenere a casa molti lavoratori e fa lavorare poche ditte d’appalto. Tanto non le paga...».
Un altro delegato sindacale ha fatto notare che ci sono operai «che hanno le case pignorate, non possono chiedere più prestiti, sono costretti a ritirare i figli dall’Università perché non ce la fanno a pagare le rette. Ci vuole un intervento immediato del governo e secondo noi deve essere anticipato l’ingresso in maggioranza di Invitalia. Non è possibile aspettare altri due anni».
L’azienda ha anche due fatture insolute, per complessivi 375mila euro, relative alle forniture di 2 milioni e 600mila metri cubi di acqua utilizzata per il raffreddamento dell’impianto. «La crisi energetica - ha concluso Oliva - ha aggravato una situazione già difficilissima. Questo è stato il colpo di grazia. L’aumento del costo dell’energia e del gas, insomma, non ha fatto altro che complicare un quadro già di per sé allarmante».