la storia
Taranto, la missione segreta del sommergibile: l’ultima dell’equipaggio
L’esplosione in Mar Grande il 16 marzo del 1916, i marinai tedeschi riposano a San Brunone
TARANTO - Il lento infrangersi delle onde sui frangiflutti e il garrito dei gabbiani accompagnavano il lento scorrere di quel pomeriggio nella baia del Mar Grande, era il 16 marzo del 1916 e la quiete fu spezzata da una terribile esplosione che generò una grande colonna d’acqua in prossimità del porto. Imbarcazioni di ogni genere accorsero là dove il mare appariva ancora sconvolto e pullulante di bolle d’aria che si propagavano nell’acqua ingiallita da olio e nafta.
A circa trenta metri di profondità si scorgeva quello che sembrava il corpo di un cetaceo adagiato sul fianco sinistro, ma quando i palombari dell’Arsenale si immersero, fecero l’agghiacciante scoperta: si trattava del sommergibile posamine tedesco U.C.12, battente bandiera austriaca, spezzato in due tronchi da una esplosione accidentale, la cui missione era quella di posare un campo minato sulla rotta di ingresso del porto di Taranto.
A quel tempo la Germania non era ancora entrata in guerra, ma appoggiava l’impero austro-ungarico; il sommergibile U.C.12, infatti, era stato costruito nei cantieri Weser di Brema per la Kaiserliche Marine dalla ditta Siemens Schuckert e successivamente ceduto alla marina imperiale austriaca, ma servito sempre da equipaggio tedesco. Fu istituita una commissione con a capo il Colonnello del Genio Navale Curio Bernardis, autorevole progettista di sommergibili, che dopo accurati sopralluoghi valutò che era possibile riparare il mezzo subacqueo nemico, anche in virtù del fatto che l’Italia non disponeva di sommergibili posamine.
I lavori di recupero iniziarono il 18 marzo e il 4 aprile il relitto rivide la luce all’interno di un bacino dell’Arsenale di Taranto.
Le attività di ripristino durarono circa un anno e furono intense ed ardue, dato che la tecnologia posseduta dall’infima macchina subacquea era ancora poco conosciuta nel nostro Paese. Il sommergibile fu suddiviso in tre tronchi lavorati singolarmente, le due estremità dalle maestranze arsenalizie, mentre la sezione centrale presso i cantieri di Castellammare di Stabia.
Successivamente gli spezzoni furono saldati in un unico corpo e venne istallato un nuovo apparato propulsivo.
La nuova arma bellica fu ribattezzata X1, il primo sommergibile posamine italiano, e varato nella rada del Mar Piccolo, in prossimità dello Scalo nr. 2 dello Stabilimento militare tarantino.
Fu assegnato alla Prima Squadriglia Sommergibili, con base a Venezia, e impiegato per la posa di campi minati nell’Alto Adriatico fino alla fine del conflitto. Cessata l’esigenza bellica, l’X1 venne avviato alla dismissione e radiato il primo maggio del 1919. In quel triste pomeriggio del 16 marzo del 1916, assieme al sommergibile sprofondarono negli abissi anche i quindici marinai tedeschi che ne componevano l’equipaggio. I poveri corpi vennero estratti dalle lamiere contorte e da allora riposano in una tomba collettiva, ancora oggi visitabile, all’interno del cimitero comunale San Brunone di Taranto, proprio come un equipaggio pronto a salpare per una nuova missione.