La storia

Donne e redenzione, quel biglietto per l’inferno andata e ritorno

Maristella Massari

Il racconto di una giovane donna di Taranto, che separata e con un figlio prima si presta a fare massaggi hot e poi finisce in carcere. E da lì inizia la sua nuova vita

TARANTO - Alcuni destini sono proprio ricoperti di melassa. Per quanto uno si sforzi, ci resta sempre più invischiato. Sono vite la cui ruota non gira mai dalla parte giusta e - anzi - il suo orbitare costantemente fuori asse attorciglia angosce e inanella scelte sbagliate.

Raccontiamo oggi di una di queste vite e della fatica, a volte, di essere donne. Capita che le storie d’amore finiscano, che i figli crescano solo con le madri e che queste, per la loro dannata e genetica propensione all’etica del risultato (non foss’altro che per l’ancestrale istinto materno di sopravvivenza della specie) le provi tutte pur di mantenersi a galla. Questa è la storia di T., giovane madre separata e senza aiuti familiari che, pur di sbarcare il lunario, si ritrova in un seminterrato con un manipolo di altre disperate, a rispondere alle chiamate di un call center. Il bisogno morde e così, settimana dopo settimana, T. ingoia amaro e incassa qualche moneta per un’ora di lavoro. Un giorno però, guarda suo figlio negli occhi e prende la decisione più grande della sua vita. Dice basta. Basta ai soprusi, alle sopraffazioni, allo sfruttamento che le sembra un eufemistico sinonimo della sua reale riduzione in schiavitù. Denuncia tutto T. e va avanti a testa alta, sostenuta dalle istituzioni, dalle colleghe, dalla gente che le dice «hai fatto la cosa giusta». Ma anche le migliori intenzioni hanno due facce. Sono come le monete. Se esce testa, ti salvi. Se il vento cambia, la croce ti ricade sulle spalle. Così T. torna sulla casella del «Via», come in un eterno gioco del Monopoli: davanti a sé solo porte chiuse.

L’incubo si ripropone, senza lavoro, con le bollette da pagare e il frigo da riempire. E siccome nella vita i momenti «o bere o affogare» arrivano per tutti, di fronte al bivio di una strada troppo in salita, T. si lascia irretire dal canto delle sirene e prende il suo ascensore per l’inferno.

Impara a fare massaggi e si ritrova in un centro dove i massaggi sono solo la breve prefazione di un libro dell’orrore. La sua vita viene inghiottita in una spirale buia. Non c’è luce in fondo a quel tunnel, lei non la scorge mai. «Io non sapevo più come fare la spesa. Mi dicevo che era un modo per sopravvivere. Provavo a cambiare le cose, ma trovavo sempre porte chiuse e nessuna mano tesa. Però mi facevo schifo, uno schifo assurdo».

T. è Jean Valjean. Il riscatto, come ne «I Miserabili» arriva con il colpo più gobbo che il destino le potesse sferrare: un'inchiesta giudiziaria. La donna finisce nella rete a maglie strette della giustizia e viene condannata: un anno di carcere per sfruttamento della prostituzione. La pena però diventa per lei riscatto e redenzione. La prima pacca sulla spalla arriva dal suo avvocato. È così che comincia la sua nuova vita. «Se non mi avessero arrestata, non so come e dove sarei finita». Si guarda indietro T. e ripensa ai giorni in cui per riempire il frigo e tirare avanti prendeva a pugni i suoi valori. Oggi ha fatto pace con sé stessa. Ha un lavoro umile, ma onesto. Si guarda allo specchio, si asciuga le lacrime e sorride. Pagherà il suo conto con la giustizia, ma la sua anima è stata assolta.

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