La vertenza

Taranto, sindacati su Mittal: Governo decida o fermiamo gli impianti

Redazione on line

«In assenza di un’apertura di un tavolo di trattativa che dia risposte definitive a migliaia di lavoratori saremo costretti ad intraprende forti azioni di lotta che potrebbero determinare seriamente il fermo degli impianti" dello stabilimento siderurgico di Taranto. Lo annunciano Fim, Fiom e Uilm sollecitando al governo la convocazione di «un tavolo di confronto che metta al centro, a partire dai lavoratori di Ilva in AS, la questione del lavoro, del salario e della prospettiva ambientale e industriale del sito di Taranto».

In una lettera al prefetto di Taranto, Demetrio Martino, le sigle metalmeccaniche sottolineano che «in fabbrica si vive oramai in un clima di terrore in cui qualsiasi episodio viene utilizzato dalla multinazionale per licenziare i lavoratori senza verificare le vere ragioni della causa che ha scatenato l’incidente». Per Fim, Fiom e Uilm invece «le cause sono da ricercare nella mancanza di una programmazione di manutenzioni ordinarie e straordinarie tale da determinare un clima di incertezza anche per gli stessi lavoratori che ogni giorno, nonostante le tante difficoltà, garantiscono la continuità produttiva».

Le segreterie, i coordinatori e gli esecutivi di fabbrica oggi si sono riuniti per «decidere iniziative di mobilitazione», a seguito di «una situazione - spiegano in una nota - ormai divenuta insostenibile sia per l’assenza di relazione Industriali, per la mancanza di sicurezza sugli impianti che in merito all’utilizzo massiccio della cassa integrazione». Per mercoledì 11 novembre è stato convocato il Consiglio di fabbrica delle Rsu ArcelorMittal e appalto.

I sindacati lamentano di essere «completamente all’oscuro rispetto ad una trattativa che vede impegnati governo ed azienda senza che vi sia un coinvolgimento delle parti sociali e delle istituzioni locali. In merito alla situazione dei lavoratori dell’appalto - concludono - segnaliamo una condizione di criticità legata ad una inspiegabile sostituzione di ditte del territorio per far spazio ad aziende senza un comprovato motivo, se non quello dell’abbattimento del costo del lavoro a discapito della sicurezza». 

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