La storia

Bari, si chiude l’era Asselta: «La città è cambiata, lo shopping evolve»

Davide Lattanzi

Da 48 anni Antonio Asselta è un riferimento assoluto in città nel ramo dell'abbigliamento. Verso fine settembre, però, chiuderà lo storico punto vendita dedicato ai capi da donna in via Argiro

BARI - «Bari è cambiata, è il momento di dare spazio al nuovo». Da 48 anni Antonio Asselta è un riferimento assoluto in città nel ramo dell'abbigliamento. Verso fine settembre, però, chiuderà lo storico punto vendita dedicato ai capi da donna in via Argiro. È un po’ il segno di una città in evoluzione: forse meno romantica e ricercata, ma più «smart» , veloce e dai gusti cangianti. Non è il primo marchio che ha segnato un'epoca, in fondo, a decidere di ritirarsi: la tendenza, anzi, è sempre più marcata negli ultimi anni. Ma davvero si sta assistendo ad una graduale rivoluzione sui capisaldi che hanno caratterizzato il commercio del capoluogo?

«Potrei dire che prendo una decisione comunque dolorosa perché mio figlio ha intrapreso altre strade sul piano professionale e non ho la continuità familiare per proseguire. Ma non è la motivazione principale. Le tendenze sono in continua evoluzione: è giusto adeguarsi. Fino ad una ventina d'anni fa, quando si vedeva una persona dall'outifit particolarmente curato si capiva immediatamente che fosse italiano. Indossare un capo firmato per noi era un segno distintivo, un motivo di vanto, il gusto che magari valeva un sacrificio economico. Ora, invece, si fa molto meno caso a tanti dettagli: ci si veste in tutti i modi, non siamo più «caratterizzati». Non so se io sia stato davvero un precursore dei tempi come sostiene qualcuno, ma ho intuito che sia il frangente propizio per lasciare la scena ad altro. Fermo restando che comunque il marchio Asselta resterà presente per i bambini a Bari, nonché per l'uomo a Barletta. Così come non termineranno i progetti che ci vedranno coinvolti in altri rami».

Il mutare del commercio ha anche cambiato lo stile e addirittura i ritmi della città. «Penso che tre grandi icone abbiano cambiato il concetto di moda a Bari», prosegue Asselta. «Mi riferisco alla famiglie Mincuzzi e Pintucci, nonché a Cecilia De Fano. Io sono entrato in quel solco portando grandi firme che per anni hanno avuto enorme successo. Ecco, anche se adesso manca il sentimento di allora, mi auguro che ci sia ancora la voglia di investire su marchi storici Valentino, Dior, McQueen, solo per citarne alcuni di cui mi sono direttamente occupato».

L'altro aspetto riguarda il periodo dedicato ai saldi. «L'avvio degli sconti collettivi - racconta ancora Asselta - era una delle date che si segnavano in rosso sul calendario: era il vero trionfo del concetto di shopping. Il centro cittadino si riempiva di persone provenienti da ogni quartiere e dalla provincia, si vedevano addirittura le code per entrare nei negozi. Quando i saldi cominciavano a gennaio sembrava di prolungare il periodo natalizio, magari con le strade ancora addobbate. L’impressione attuale, invece, è che parlare di questi argomenti somigli a rispolverare una cartolina d'epoca. Oggi è difficile trovare più di un paio di «shopper» all'interno di un punto vendita e le modalità di scontistica sono talmente varie da rendere quasi obsoleta la parola saldi. Ognuno adotta le riduzioni che vuole, quando ritiene, inventandosi mille condizioni».

Ma il commercio ne beneficia davvero? «Dal mio punto di vista no», risponde Antonio Asselta. «E non è nemmeno una questione di concorrenza. Ma trovare quel comune denominatore che convogliava le persone in particolari periodi dell'anno alla fine era un beneficio per tutti. Ora ognuno ha la sua clientela, magari affezionata perché abituata a comprare secondo precisi canoni di gusto ed economici, mentre prima era tutto più vario. Inutile, però, accampare rimpianti: bisogna accettare le novità ed industriarsi per proporre una professionalità vincente».

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