Televisione

Renzo Arbore torna su Rai 2 con Gegè Telesforo, venti puntate per raccontare come ridevano gli italiani

Alessandro Salvatore

Il popolare showman pugliese: «A cavallo degli anni ‘70 e ‘80 la comicità era più leggera. Oggi solo satira, scherno, invettiva»

«Nell’Italia degli anni ‘70 e ‘80 si rideva con più leggerezza, perché si ironizzava su aspetti che conoscevamo bene: il vicino di casa, il tranviere, la vita di tutti i giorni. Oggi si ride ancora, ma è un riso diverso, più “pensato”. Prima si rideva “per”, cioè per il pubblico, per il sano intrattenimento. Oggi si ride “contro”, tra la satira, lo scherno e l’invettiva». Renzo Arbore prepara il terreno di quello che sarà il suo 42mo programma televisivo in 60 anni da showman, autore, conduttore e musicista di casa Rai: «Come ridevamo». Da domani sul secondo canale pubblico, per un totale di venti puntate ogni giovedì dalle 23.25, come evento celebrativo dei settant’anni della televisione italiana, verrà trasmesso un focus sulla comicità che ha segnato questo lungo periodo. Tutte le risate del piccolo schermo, con il meglio degli sketch e delle canzoni comiche dall’archivio Rai e dal mondo personale di Arbore, che cita come esempio «Benigni, Walter Chiari e il trio Lopez-Marchesini-Solenghi», vengono raccolte, selezionate, raccontate e contestualizzate dall’istrionico autore e conduttore televisivo, assieme al conterraneo foggiano Gegè Telesforo. Il polistrumentista e improvvisatore di razza col suo marchio «scat», nel nuovo programma ideato dai due conduttori insieme a Ugo Porcelli, torna a fare da spalla all’amico di mille spettacoli Arbore dopo la doppia stagione insieme di «Appresso alla musica».

Questo nuovo format, sottolinea Telesforo, «ha un valore soprattutto educativo, perché oltre a far ripercorrere negli occhi degli adulti pagine memorabili, fa scoprire alle nuove generazioni quanto la tv è stata abitata dagli artisti veri, come il regista Enzo Trapani e l’autore Antonello Falqui. Lo sketch più forte? Secondo me la parodia di un improbabile conclave da parte di Padre Severino, assistente del camerlengo, fatta da Verdone nel programma “Speciale per me” di Arbore nel 2005. Una gag che vissi in prima persona nella sua costruzione e che oggi acquista maggior appeal vista il contemporaneo film nelle sale di Berger Conclave». Quella di «Come ridevamo», assicura Arbore, «non sprofonderà nella nostalgia, perché il programma analizza i personaggi nel loro terreno storico. E poi c’è Gegè che metterà ritmo a tutto». Telesforo era tra i tanti volti che abitavano il clamoroso salotto di «arboriana» memoria «Quelli della Notte». Il programma del 1985 cambiò le abitudini degli spettatori italiani che, sino alla prima puntata del 29 aprile di quarant’anni fa, spegnevano la tv dopo l’ultimo tg. La carovana di «Quelli della Notte» stravolse il pubblico, che arrivò a toccare l’apice del 51% di share con 3 milioni di gente assiepata davanti all’ora tarda di Rai 2. «Bei tempi quelli, ma non più pensabili adesso. Allora vi erano due soli canali e noi andavamo in onda quando gli altri spegnevano. Oggi i numeri sono più frammentati, perché l’offerta è infinita. Però il successo non si misura solo con lo share: se lasci un segno, se fai parlare di te, hai vinto» commenta Arbore. Il suo amore per l’arte ha le radici a Foggia: «Ricordo l’alba del Jazz attraverso il College che dirigevo e le mie prime strimpellate con i Parker’s Boys nella storica Taverna del Gufo. E alla fine di questo 2025, se tutti i lavori saranno completati, vedrà la luce Casa Arbore, lo spazio museale multiculturale finanziato dalla Regione e gestito da Puglia Culture, che vivrà della mia infinita collezione di oggetti di plastica, di arredo, di abbigliamento e di strumenti musicali. Da uno dei due gilet sopravvissuti disegnati dal futurista Depero al mio patrimonio libraio che donerò alla Biblioteca Provinciale di Foggia, dalla prima radio di plastica comprata a Los Angeles ai braccialetti a serpente della Belle Epoque parigina, farò un atto d’amore alla mia città che, nonostante la spina nel fianco della criminalità, si sta rialzando soprattutto grazie alla cultura».

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