Punti di vista
A Matera i bambini chiedono ascolto
Poesia e denuncia, avvertimenti e profezie. È un teatro che punge, inquieta e costringe a guardarsi allo specchio quello messo in scena grazie al progetto triennale Hamelin di Ravenna Teatro, Teatro delle Albe, in collaborazione con Iac – Centro Arti Integrate e la cooperativa sociale Il Sicomoro, che indaga il rapporto tra potere e infanzia. Per tre giorni Matera è stata invasa da un esercito di giovanissimi, tra i 7 e i 17 anni, provenienti da Basilicata, Emilia Romagna e Lazio, un vero e proprio battaglione poetico che ha risposto alla chiamata alle arti per interpretare la fiaba Il Pifferaio di Hamelin, riletta come metafora di una società che tradisce le nuove generazioni e ne paga il prezzo. Cosa succede a una società che smette di ascoltare i bambini? La domanda, semplice e radicale, troverà risposta nel film dal taglio poetico e documentaristico girato in prima battuta tra i vicoli dei Sassi. Protezione, crescita, futuro, inclusione: sotto la lente ci sono temi che puntano dritto al nostro tempo, alla incapacità di ascoltare chi verrà dopo di noi. Innegabile che siamo circondati da alcuni politicanti che promettono innovazione, sostenibilità, generazioni digitali, ma incapaci di schiodarsi dalle poltrone, generare fiducia, favorire il lavoro di squadra e dare cittadinanza piena a giovani e meno giovani. In questo senso Hamelin non è una fiaba, è una radiografia sociale. La verità è che i ragazzi e le ragazze lo sanno benissimo. Sentono l’aria che tira, percepiscono l’ipocrisia adulta e la trasformano in domande spiazzanti. Non hanno ancora imparato l’arte dell’autoassoluzione e quindi chiedono, senza giri di parole: ma se non ci ascoltate, che cosa resterà? E soprattutto: cosa succede a una società che smette di ascoltare i più giovani? E mentre gli adulti discutono, redigono piani su tavoli tecnici, il battaglione poetico qui a Matera prende parola, corpo e voce insieme, e ridà carne al mito del Pifferaio. Non c’è nulla di decorativo in questa esperienza: è attivismo culturale che spiazza e diventa rito collettivo, avvertimento e profezia. In scena, tra tamburi e voci di duecento giovani che gridano “vogliamo più ragazzi e meno topi”, ha preso forma un avvertimento: ogni generazione tradita presenta il conto. Non servono oracoli né futurologi, perché una città che non ascolta i suoi figli resta vuota, riempita solo da un silenzio pesante. Hamelin ci insegna che una comunità che non rispetta i patti, che tradisce i suoi piccoli, non solo perde i bambini: perde sé stessa, la sua radice più fragile e potente. Magnifico questo cantiere poetico che ci prende per mano e ci dice con ironia e fermezza: attenti, perché i ragazzi e le ragazze se ne accorgono. E quando non li ascolti, se ne vanno. E senza di loro, davvero, che città resta?