Punti di vista

Gli esami di maturità ed il solstizio d’estate

rossella palmieri

Una convergenza dell’esistenza

C’è una segreta convergenza tra due stagioni della vita, l’inizio dell’estate astronomica – con il solstizio di giugno che segna la giornata più lunga dell’anno e la perfezione del sole più alto – e l’esordio nella vita adulta con gli esami di maturità. Quest’anno le tracce non hanno tradito lo spirito del tempo; piuttosto, ne costituiscono l’esatto riflesso, sollevando riflessioni di spessore per consentire a una generazione forse già stanca a quest’età, e ammalata di social, di problematizzare lo spirito del tempo con il ricorso non già a sempre più inconsistenti like quanto piuttosto ai classici che non smettono di dire ciò che hanno da dire. Si definiscono proprio così, del resto, a detta di Calvino. Pirandello e i “Quaderni di Serafino Gubbio” la dicono lunga sulla parabola del progresso nelle vicende del protagonista Serafino, ormai ‘solo’ ridotto a una mano che gira la manovella, alienato com’è da una macchina da presa per girare film che di fatto, l’ha sostituito. Fosse stato testimone oculare dei nostri tempi il grande scrittore siciliano che, ieri, ebbe la singolare preveggenza di individuare oscuramenti e crisi di vasta portata che, oggi, ci riguardano, l’avrebbe chiamata intelligenza artificiale, quella stessa che ha sbagliato in pieno la traduzione della traccia di greco. L’IA rimandata a settembre, verrebbe da dire, con quella congerie di errori che ha generato nella traduzione del passo platonico su Minosse, il cui primato rispetto a tanti eroi sta nel singolare privilegio di essere stato educato da Zeus. Fosse stato ‘educato’ dall’intelligenza artificiale non solo non avrebbe avuto gloria imperitura, ma avrebbe persino fallito nella sua missione di legislatore. Se aggiungiamo l’Elogio dell’imperfezione della grande scienziata Rita Levi Montalcini, l’equazione è perfetta: abbiamo bisogno di questo ingrediente nelle nostre vite perché l’imperfezione non è segno di fragilità o debolezza ma piuttosto il suo contrario, e del resto si progredisce per prove ed errori e non camminando nelle certezze, ove mai ce ne fossero. Benedette queste stagioni dell’anno e della vita, dunque, perché è nella semina nella fredda notte invernale che sta il fascino del tutto maturo, del tutto ubertoso, in quell’altalena che è la vita, come insegna Montale, quando soprattutto “nel sole che abbaglia” si avverte “com’è tutta la vita che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia”.

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