Punti di vista

Salento, i dolci di Natale e il tempo ritrovato

Luisa Ruggio

A fare la differenza non è tanto il risultato finale in bella mostra sui vassoi decorati delle feste, piuttosto le fasi di preparazione

Ho avuto modo di assaggiare sin qui diverse variazioni sul tema dei dolci natalizi, che si tratti di cartellate o pesci di pasta di mandorla e mustaccioli, quel che ha fatto sempre la differenza non è tanto il risultato finale in bella mostra sui vassoi decorati delle feste, piuttosto le fasi di preparazione. Quelle fasi sono tutto, sono il termometro dell’intimità conquistata oggi più difficilmente dentro case spesso svuotate dal troppo daffare che poco spazio lascia a certe tradizioni. Non sto parlando di tramandarsi le antiche ricette che ancora oggi, al tocco magico di un sapore proustiano, sanno sempre dirci noi chi siamo stati, noi chi siamo diventati.

Mi riferisco al tempo ritrovato, tempo per stare insieme, per dedicare alcune ore a quei gesti antichi e sapienti che moltiplicano i purcheddhuzzi su una mattra e ci lasciano incontrare, ancora una volta, come nel Canto di Natale di Dickens, gli spiriti di ogni Natale precedente, ponendoci dinanzi a quello attuale come al cospetto di uno specchio che non riflette i nostri lineamenti perché ci restituisce l’anima. Quello specchio, infatti, non serve a fare gare di bilanci, quella sì che sarebbe un’occasione sprecata. Va attraversato, conduce dentro il nostro desiderio di meraviglia e ce lo può restituire malgrado tutto e tutti gli abili piccoli tiranni che abilitiamo tutte le volte che tralasciamo di scegliere con cura i nostri pensieri e di indossare il migliore dei nostri sorrisi.

Non per rabbonirci la memoria e men che meno per essere gli autori di un autoinganno che a dicembre è sempre molto inflazionato, quel sorriso è un esercizio indispensabile per ricordare a noi stessi che da bambini ci eravamo ripromessi di non diventare come tutti quegli adulti ciarlatani capaci di rovinarsi le giornate per un nonnulla impedendoci di occuparci dell’unica cosa davvero sensata quando si è abitati dall’infanzia: giocare. Quello è il sorriso arricciato come la pasta fritta delle cartellate al miele. Questi arabeschi che sono le nostre frittelle rituali, buon auspicio in segno di fede per la buona riuscita dei raccolti, possano risvegliarci mentre ci dedichiamo il tempo di prepararle insieme a coloro che amiamo. Possa sempre un piccolo dolce natalizio portato in tavola e offerto in dono con semplicità, restituirci la promessa, non quella fatta nella lettera a Babbo Natale, non l’essere più buoni al solo scopo di ottenere qualcosa in cambio, bensì quella di non perdere di vista mai il diritto allo stupore.

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