Punti di vista
La festa patronale a San Ferdinando di Puglia e l’omelia parlano a tutti noi
Don Mimmo Marrone si è preso lo spazio più tradizionale di sempre per parlare dell’oggi, per mettere al centro la comunità, per scomodare la verità
Che occasioni ci sono rimaste, quali sono le sedi in cui possiamo parlarci davvero da cittadini, da anime unite per una causa civile?
Quali sono le «cose pubbliche» che abbiamo l’opportunità di discutere e, soprattutto, ne sentiamo ancora l’urgenza, ne abbiamo ancora voglia?
In un momento storico in cui le nostre vite si espandono all’infinito ma in una rete sociale sempre più piccola, fatta di case sigillate e di piazze pericolose, c’è ancora uno spazio nel quale la parola politica non inneschi immediatamente una smorfia sul volto, una lamentela, una frase stretta tra i denti che recita più o meno sempre così «tanto sono tutti uguali, tanto non cambia mai niente» senza più indignazione ma solo con disillusione?
Don Mimmo Marrone, a San Ferdinando di Puglia, si è preso lo spazio più tradizionale di sempre per parlare dell’oggi, per mettere al centro la comunità, per scomodare la verità, in un’occasione che viviamo solitamente con le cinture di sicurezza allacciate e il braccio fuori dal finestrino: la festa patronale.
Don Mimmo ha denunciato nella sua omelia il vertiginoso aumento di criminalità, la perdita del senso di comunità e del valore di bene comune, l’assenza di una guida educativa che parte dalle famiglie, il dilagare di illegalità che spesso si consuma nei luoghi che dovrebbero essere la massima espressione di libertà, di cultura, cambiamento, vita, di piccola rivoluzione quotidiana, come i parchi giochi cittadini. L’egocentrismo, il disinteresse per l’altro e per i più fragili, la perdita di vista dei dettagli negli occhi dei politici ammaliati dalla lucentezza mediatica delle grandi opere.
«L’ardua e affascinante arte del governo può condurre alla santità e originare un circolo virtuoso», una guida illuminata può contagiare i cittadini in una città che prende il proprio nome da un santo che è stato egli stesso, infatti, sovrano.
Una processione non è solo un giro in cerchio, può avere una traiettoria verso il domani, può diventare una marcia, il «camminare compatti verso il bene comune».