Punti di vista
Tutti pazzi per quell'irresistibile «Ronzio delle vedove»
L’originale proposta di Asfalto Teatro in cui ogni spettatore viene travolto da una novità autonoma, indipendente, mai vedova, sempre amante
Cos’hanno in comune Gandhi, Don Giovanni e Califano? Mentre ci pensate, sottolineo qualcosa che è successo per ben due settimane consecutive nella Lecce più periferica, quella del quartiere San Pio, con quell’oblio a forma di vecchia manifattura tabacchi che porge il fianco a una stradina, Via Birago, neanche asfaltata, anzi sì, ma resa percorribile da un altro genere d’asfalto, che crea una gettata per rendere vivo un presente troppo spesso artisticamente asfissiato dalle lunghe ombre degli emuli dei Maestri del passato. Due parole dopo aver assistito alla prima dello spettacolo “Il ronzio delle vedove”, andato in scena negli spazi di Asfalto Teatro, per l’appunto, che lo ha immaginato scritto a più mani e prodotto dopo una call pensata dal regista attore e autore Aldo Augieri. Squadra solida, affiatata, accordata alla perfezione nella bellezza abbacinante della sua visionaria appartenenza a uno spirito libero che lascia il segno con un’ironia che non fa ostaggi né vedove, tuttavia vincente è stata la costruzione di ogni comprimaria/o. Infatti, accanto ai suoi fedeli compagni di lavoro, dopo un sovrabbondante, generoso, instancabile sogno di ricerca e invenzione fittonanti, stavolta sul palco si sentiva il ronzio di tutte quelle voci che hanno risposto a un ribelle che da tempo ha dichiarato guerra a ogni emulazione da catalogo (leggi: cartellone). Poiché è ardente, sfrontata e fertile come deve assolutamente esserlo questo tipo specifico di vocazione che al teatro offre mai meno della vita stessa, tutta inedita, come si offre Pinocchio nuotando incontro al pescecane/balena che ha inghiottito i nostri padri. Questo artista sovversivo ha la forza di trasformare un luogo apparentemente nascosto e che potrebbe benissimo passare per uno dei tanti ingressi all’ennesimo condominio, trasfigurandolo fino a farne un varco, una soglia, un clima, un’atmosfera. Cos’altro bisogna chiedere se si vuol essere perturbati?, liberati dai soliti echi e inchini che sono omaggi così inclini al reiterare, come prefiche di professione, per non dover ammettere di avere esaurito l’urgente. Urgenti sono i manifesti funebri dedicati al “Dongio” dalle vedove travolgenti come le risate del pubblico delle repliche. Tra quei manifesti, uno è firmato dall’allievo Leporello, interpretato da chi restituisce un senso persino alle assi della platea e dignità a ogni spettatore travolto da una novità irresistibile, autonoma, indipendente, mai vedova, sempre amante.