verso le regionali

Regionali, la posizione di Laforgia: «Si potrebbero fare le primarie in Puglia, ma perché nessuno ne parla?»

Redazione Primo Piano

Il civico de La Giusta Causa: «Si sono rotti gli equilibri, in ballo la leadership Dem»

Avvocato Michele Laforgia, il centrosinistra pugliese, sebbene dato per vincente alle imminenti regionali, non è mai apparso così diviso. Un problema di coalizione o un nodo interno al Pd?

«Più della divisione nel centrosinistra mi preoccupa la distanza sempre più marcata dell’intero mondo politico dalla vita reale. Da mesi, a destra come a sinistra, si discute di candidati, ogni tanto del perimetro delle coalizioni, mai dei problemi e delle prospettive della nostra regione, delle condizioni delle persone in carne e ossa, del futuro dei pugliesi. Eppure il mondo è squassato dalle guerre, dalla crisi climatica e da diseguaglianze sempre più devastanti: questioni che dovrebbero essere al centro della discussione pubblica e che invece sono costantemente eluse dai leader politici nostrani, con qualche solitaria eccezione. Da elettore di sinistra vorrei sapere cosa pensano i candidati della mia parte politica, non assistere quotidianamente a un desolante teatrino su chi va promosso e chi va bocciato. E non mi rassicura affatto sapere che prima o poi si metteranno d’accordo fra loro, come dicono in tanti, visto che l’accordo dovrebbe riguardare noi tutti. Di certo, non solo il Partito Democratico».

Perché un nome come quello di Antonio Decaro, recordman di preferenze, all'improvviso appare così divisivo?

«Quello divisivo sono io, non Antonio Decaro. Intorno al suo nome c’è una specie di plebiscito, con tanto di sollecitazioni pubbliche alla candidatura e inondazioni di like sui social network. Del resto anche le pietre sanno che da mesi si stanno formando le liste a suo sostegno, addirittura in overbooking. Semmai registro una inedita rottura degli equilibri nella leadership del centrosinistra, per ragioni che a me non risultano del tutto comprensibili. Sino alle elezioni comunali di Bari il sodalizio tra Michele Emiliano e Antonio Decaro era talmente indissolubile da impedire qualsiasi ipotesi che non andasse bene a entrambi. Ne ho subito le conseguenze, com’è noto. Cosa sia successo dopo, onestamente, non lo so, ma ho l’impressione che la partita non sia soltanto locale e riguardi anche gli equilibri interni del Pd».

Si vocifera di un accordo già raggiunto tra Emiliano e il potenziale candidato governatore Francesco Boccia: c'è qualcosa di vero o è gossip sotto l'ombrellone?

«Non ne ho la benché minima idea. Da molti anni non frequento gli ombrelloni e mi tengo lontano dal gossip, soprattutto in materia politica. Ma se vi fosse un accordo, come e da chi sarebbe garantito? E come potrebbe essere imposto agli elettori? Per il Parlamento si voterà fra due anni: un tempo troppo lungo per assicurare posti e ruoli a chiunque».

Decaro si è detto disponibile a candidarsi, chiedendo però di essere “libero”, con riferimento alle possibili candidature di Emiliano e Vendola. Lei cosa ne pensa?

«Che la libertà non è star sopra un albero, come diceva Gaber. Una metafora potente e attuale, su cui si dovrebbe riflettere».

Ma questi dieci anni di amministrazione Emiliano le sono piaciuti?

«Credo di essere stato fra i critici più severi dell’operato della giunta e del Consiglio regionale uscenti, ma non mi pare che si stia discutendo di questo. Ne ha parlato solo Nichi Vendola, fra i potenziali candidati. E inizio ad aver paura che si voglia buttare il bambino e tenere l’acqua sporca, non il contrario. Per essere più chiaro, io penso che il centrosinistra abbia cambiato profondamente questa regione, e in meglio. Ma credo anche che abbia fallito due obiettivi essenziali, fra loro connessi: garantire la partecipazione nelle scelte di governo e promuovere una nuova classe dirigente. L’astensionismo crescente e il fatto che si discuta sempre degli stessi nomi, dopo vent’anni, ne sono la dimostrazione».

E i 5 Stelle che ruolo stanno giocando in questa partita?

«Anche questo non mi è molto chiaro. Secondo la stampa sarebbero pronti a sostenere Decaro e non vogliono nè Emiliano, nè Vendola in Consiglio regionale, ma una posizione ufficiale io non l’ho letta e non la conosco. Dopo le elezioni comunali, dove siamo stati alleati, non abbiamo avuto modo di discuterne. Sarebbe necessario riprendere il confronto, magari coinvolgendo le associazioni, i movimenti e i gruppi di cittadinanza attiva sparsi sul territorio e oggi ignorati dal dibattito pubblico. Il civismo non è più di moda, ma senza l’impegno civico soffrono anche i partiti, non sarebbe mai nata, vent’anni fa, la Primavera pugliese, e non sarebbe possibile alcun rinnovamento».

Di cosa ha bisogno la Puglia ora e nei prossimi 5 anni?

«Di un governo solido e di un Consiglio regionale profondamente rinnovato, capace di legiferare sulle materie da cui dipende il futuro della nostra regione: l’ambiente, l’urbanistica, il lavoro, la crisi industriale, l’agricoltura, lo sviluppo sostenibile del turismo, le politiche culturali, il lavoro povero. Aggiungo che abbiamo soprattutto bisogno di pace, e che la Puglia è stata e può essere sempre più protagonista del dialogo fra i popoli, contro il genocidio, il riarmo e l’economia di guerra. In una sola parola, serve la sinistra. Ma sarebbe anche necessaria una destra meno sgangherata e inconcludente. La mancanza di alternative non fa bene alla democrazia».

Ma se glielo chiedessero si candiderebbe alla guida della Regione?

«È più probabile che nevichi ad agosto: a me, com’è noto, hanno sempre chiesto di farmi da parte. Peraltro, dalla fine della campagna elettorale a Bari ho detto che non lascerò la città per la Regione e non ho cambiato idea, anche perché di candidati in pectore ne abbiamo anche troppi. Personalmente penso che tra i soliti nomi che circolano in queste settimane quello di Nichi Vendola sia nettamente il migliore: ma come presidente, non come consigliere regionale, a maggior ragione se Antonio Decaro non fosse disponibile. E se Vendola non va bene, si possono sempre fare le primarie, con regole chiare: come mai non ne parla più nessuno?». 

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