Il caso

D’Attis (FI): «La legge sui Comuni va rivista»

massimiliano scagliarini

Il vicepresidente della commissione parlamentare Antimafia: «Ostuni e Carovigno dimostrano che c’è troppa discrezionalità». Ma nessuno sconto per il capoluogo pugliese

BARI - La relazione degli ispettori sulle presunte infiltrazioni mafiose al Comune di Bari è in mano al prefetto Francesco Russo, cui spetta il compito di inviare una proposta al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Ma proprio mentre a Bari si decide il possibile destino dell’amministrazione di centrosinistra eletta a giugno, da Roma il vicepresidente della commissione Antimafia, il forzista brindisino Mauro D’Attis, chiede cautela sui commissariamenti e annuncia un’iniziativa mirata a rivedere la legge del 1991 su cui si basa il procedimento.

Sarebbe sbagliato, però, leggere le parole del deputato brindisino come una stampella lanciata al sindaco barese Vito Leccese, anche se la sua iniziativa potrebbe trovare anche il sostegno di esponenti dell’opposizione: «È un problema di cui abbiamo discusso spesso e che abbiamo ben presente», dicono fonti parlamentari del Pd, mentre l’Anci fino a poco tempo fa guidata dall’ex sindaco barese Antonio Decaro ha proposto fin dal 2019 la revisione organica delle norme antimafia che riguardano i Comuni. «Il commissariamento dei Comuni - dice D’Attis - è un tema di estrema delicatezza, che ha investito diversi enti locali, nel tempo, chiudendo anche esperienze amministrative che contribuivano con qualità allo sviluppo dei territori». Il riferimento, esplicito, è a quanto avvenuto nei casi di Ostuni, Squinzano e Carovigno, tre centri salentini sciolti per mafia

A Ostuni il provvedimento di scioglimento del 2021 è stato confermato dal Consiglio di Stato, ma il giudice civile ha annullato l’incandidabilità dell’ex sindaco Teodoro Cavallo (che non è stato sottoposto a procedimento penale). Stesso discorso a Squinzano, dove l’allora sindaco sindaco Giovanni Marra ha ottenuto dalla Corte d’appello l’annullamento del decreto del Viminale che lo dichiarava incandidabile. Nel 2019 è stato sciolto il Comune di Carmiano, e anche qui l’ex sindaco Giancarlo Mazzotta ha potuto ricandidarsi alle elezioni successive (salvo poi essere sconfitto). A Carovigno, sciolto per mafia nel 2021, sia l’allora sindaco Massimo Lanzillotti che l’ex presidente del Consiglio comunale sono stati assolti in sede penale e hanno ottenuto di poter essere ricandidati. Di più: gran parte dei componenti di quella amministrazione sono stati rieletti nel 2023, e Lanzillotti è di nuovo alla guida del Comune brindisino.

«Formalizzerò la richiesta alla commissione Antimafia - scrive D’Attis - di rivedere, in seno al comitato che se ne occupa, i casi di scioglimento come quelli di Ostuni, Squinzano e Carovigno dove i sindaci, peraltro, sono poi stati dichiarati candidabili». In questi casi, dice D’Attis, c’è sullo sfondo «il dubbio sull’opportunità del commissariamento», ma «d’altra parte - avverte - è necessario un lavoro rigorosissimo su tutti i fascicoli allo studio dei commissari del ministero e da parte dei prefetti: le regole devono essere chiare per tutti». Il riferimento è alle polemiche emerse intorno al caso Bari, di cui la commissione parlamentare Antimafia ha acquisito gli atti ascoltando tra gli altri il procuratore distrettuale Roberto Rossi e il governatore Michele Emiliano. Su Bari la posizione di Forza Italia è chiara: «Ci sono Comuni sciolti per molto meno».

La richiesta di rivedere la legge potrebbe alla fine rivelarsi un assist insperato. Il ragionamento di D’Attis è che va ridotto il margine di discrezionalità concesso dalla norma a commissioni ispettive e prefetti. Per evitare che vengano marchiate con lo stigma della mafia amministrazioni in cui, poi, le indagini penali riconducono i fatti alla criminalità comune, a episodi di «semplice» corruzione, o anche a situazioni limitate e circoscritte. E che poi si traducono, come nel caso dei tre Comuni del Salento, in giudizi dei Tribunali civili che annullano le dichiarazioni di incompatibilità. «So che anche queste considerazioni sono all’attenzione del ministro Piantedosi - dice D’Attis -. Su tutto questo ritengo che sarà importante verificare la possibilità di un aggiornamento della normativa. Ciò a tutela dei tanti sindaci che svolgono con passione e trasparenza il loro servizio alla comunità, spesso finiti nell’agone senza motivi conclamati, ma anche nei confronti delle comunità che vanno difese dal fenomeno di infiltrazione mafiosa nella gestione della pubblica amministrazione».

Il prefetto di Bari dovrà consegnare la sua proposta al ministero dell’Interno entro i primi giorni di novembre. Prima sarà obbligatorio sentire, come impone la legge, il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza (in cui siedono i vertici delle forze dell’ordine) allargato al procuratore della Repubblica. La relazione del prefetto è l’atto intermedio del procedimento, che lascia grande discrezionalità al Viminale e a Palazzo Chigi e che si conclude con un decreto del Capo dello Stato: ci sono stati alcuni casi in cui il governo ha deciso in difformità rispetto alle proposte presentate dagli uffici territoriali. E circa il 6% dei 384 scioglimenti per mafia decisi dal 1991 a oggi (secondo una ricerca di Avviso Pubblico) è stata poi annullata dai giudici amministrativi.

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