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Cesio-137 in Puglia e Basilicata nel mirino degli ispettori atomici
Il rapporto dell’Isin: nessun rischio per la salute e per l’ambiente «Nell’acqua potabile lucana valore alfa totale ai limiti di screening Ue»
Cesio-137 in Puglia e Basilicata nel mirino dell’Isin, l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione. Martedì è stato pubblicato il rapporto annuale (relativo al 2021) sulla sorveglianza della radioattività ambientale. Sono stati così resi pubblici i risultati di numerose rilevazioni condotte lungo lo Stivale sia su lembi di territorio (mari e fiumi per esempio) sia su alcuni alimenti. Infatti, come spiega Roberto Cazzolla Gatti, che è professore associato all’Università di Bologna nel Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, gli effetti sull’uomo di questo genere di veleni dipende dalla loro natura, ma anche dall’esposizione.
L’Isin chiarisce che non c’è «nessuna rilevanza dal punto di vista radiologico e nessun rischio per la salute e per l’ambiente nei campioni raccolti dall’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione». Nello studio però non vengono forniti dati puntuali di ogni rilevazione, bensì dati che si ottengono dalla media di più di esse. Per esempio, la «concentrazione di attività alfa totale nelle acque potabili» indica che in Basilicata c’è il dato più alto d’Italia su un totale di 6 rilevazioni, ma non è specificato in quali luoghi è stato fatto ciascun prelievo e dove e quando era più alto e più basso. Sappiamo solo che la metà di quelle 6 rilevazioni ha dato un esito piccolissimo e che il dato medio è al di sotto di 0,157 Becquerel ogni litro, dove il Becquerel è l’unità di misura della (radio)attività. E il prof. Cazzolla Gatti fa notare che «il livello di screening Ue per la concentrazione alfa totale è pari a 0,1 Becquerel/litro».
Visto che parliamo di materiale attivo, val la pena chiarire che vengono rilevate radiazione alfa, beta e gamma. «Oltre le gamma - spiega l’accademico pugliese usando le parole più semplici possibile, a beneficio della diffusa comprensione - che sono quelle che riguardano le transizioni nucleari, le alfa sono ionizzanti ma poco penetranti, non attraversano facilmente gli organismi biologici. Quelle beta sono più penetranti rispetto alle alfa e per quello hanno un limite di accumulabilità maggiore nei corpi d’acqua». «Ma - continua - al di là della natura della radiazione, tutto dipende da dose e tempo di esposizione. Per esempio, posso essere esposto a una radiazione meno penetrante, ma se vi sono esposto con costanza, potrei avere comunque problemi alla salute. Diciamo però che dal rapporto dell’Isin emerge come i parametri medi per Puglia e Basilicata non paiono superare i limiti di legge».
Come si diceva, l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione è andato alla ricerca del Cesio-137. Si tratta di un elemento che prima dell’era atomica quasi non esisteva per quanto era raro. È un sottoprodotto di una reazione nucleare dell’uranio che si chiama fissione e, infatti, grandi quantità sono state sparate in atmosfera da test e bombe nucleari e dagli incidenti alle centrali, come quelli di Chernobyl e Fukushima. Siccome è solubile, è difficile da controllare, da isolare, perché migra nelle acque. Siccome si comporta come il potassio, se ingerito si fissa nei muscoli. E siccome è leggermente tossico ed è un elemento radioattivo (emissioni di tipo gamma e di tipo beta), è pericoloso per la salute umana.
Dai dati Isin emerge come nella carne suina pugliese siano emersi i più alti dati d’Italia di concentrazione di attività di Cesio-137, ancorché al di sotto di quelli di legge. Altro non invidiabile primato radioattivo pugliese riguarda le acque superficiali: il fiume Ofanto risulta avere la più alta concentrazione media di attività di Cesio-137 d’Italia. Nel territorio di Trinitapoli (nella Sesta Provincia), il valore medio rilevato è di meno di 0.3550 Becquerel per litro. Non si tratta di un dato che violerebbe la legge ma, per intenderci, in questa “classifica atomica”, al secondo posto c’è il Fiume Lambro, considerato universalmente «il più grande inquinatore del Po».
Ripetiamo - per l’ennesima volta - che gli esperti dell’Isin non rilevano alcun pericolo per le persone e per l’ambiente da nessun dato. E il prof. Roberto Cazzolla Gatti aggiunge: «Il monitoraggio è importante e va effettuato. Anche perché è il monitoraggio che ti indica cosa approfondire. Penso, per esempio, alle misure di concentrazione di attività di Cesio-137 nei sedimenti fluviali e lacustri. Da un punto di vista più ambientale e biologico, nel momento in cui rilevi un radionuclide non presente in natura e in una dose attenzionabile, per quanto non allarmante, ma vicina ai limiti di legge per la reportabilità e rilevabilità, è importante capire da dove deriva».