Politica regionale

Legge anti-Decaro, Emiliano resiste

Massimiliano Scagliarini

La Regione non cambia la norma sulle elezioni anticipate: avvocati alla Consulta per difenderla

BARI - La norma «anti Decaro» inserita dal Consiglio regionale nel bilancio 2023 verrà difesa davanti alla Corte costituzionale, nonostante i vertici della Regione avessero pubblicamente assunto l’impegno a modificarla. È la legge che fa slittare di dieci mesi le elezioni in caso di dimissioni anticipate del governatore, e che - in base ai retroscena - servirebbe a Emiliano (il cui mandato scade nel 2025) in caso di candidatura alle Europee 2024: lascerebbe anticipatamente la Puglia, ma il sindaco di Bari - che scade il prossimo anno - sarebbe costretto ad aspettare un anno prima di poter correre per la Regione.

Il Governo ha presentato ricorso alla Consulta il 28 febbraio, sulla base di una violazione del principio del simul stabunt simul cadent che è insito nell’elezione diretta del presidente della Regione: il governatore va a casa insieme al Consiglio. E invece con la norma del 29 dicembre l’indizione delle nuove elezioni, in caso di dimissioni anticipate dall’incarico, è stata subordinata a una presa d’atto da parte del Consiglio: il risultato sono altri 10 mesi di mandato per l’Aula, con la Regione retta ad interim dal vicepresidente. E dunque, secondo il ricorso, si genera «un’incertezza in ordine alla durata del periodo successivo allo scioglimento del Consiglio regionale entro il quale dovranno indirsi nuove elezioni», con il risultato «che il Presidente verrebbe espropriato dalla funzione di arbitro della legislatura».

In questo quadro, appunto, il 23 febbraio il segretario generale del Consiglio regionale, Mimma Gattulli, aveva trasmesso al capo dell’ufficio legislativo del ministro per le Riforme «su indicazione della presidente del Consiglio regionale Loredana Capone e del presidente Emiliano», una nota con l’impegno a far modificare la norma «inserendo le parole “entro e non oltre il termine di 30 giorni” e a cambiare indizione con “svolgimento”», annunciando poi nella mail che sarebbe seguito analogo impegno da parte del presidente Michele Emiliano (mai sottoscritto). Il dietrofront, che ha forte valore politico, è stato silenziosamente deciso la scorsa settimana dalla giunta Emiliano, «in conseguenza della specifica richiesta di resistenza al ricorso de quo» arrivata ancora una volta dal segretario generale Gattulli.

La resistenza in giudizio non impedisce certo che il Consiglio regionale modifichi la norma. Ma serve a prendere tempo, perché in ogni caso il procedimento davanti alla Consulta non durerà meno di un anno (possono servirne anche due). E dunque, spazio al retroscena originario e a nuovi veleni: sabato nessun esponente della Regione si è presentato alle manifestazioni conclusive del Bifest di Bari, e dal palco - a fronte di critiche dell’organizzatore nei confronti di Emiliano - il sindaco Decaro ha preso l’impegno di garantire copertura economica al festival del cinema, cosa che non è nei suoi poteri.

La vicenda dell’impugnativa contiene peraltro un piccolo giallo sulle tempistiche. Il 21 febbraio il Dipartimento affari regionali ha trasmesso all’ufficio legislativo del Consiglio regionale «il parere critico fatto pervenire dal Dipartimento per le riforme istituzionali in relazione alla legge», chiedendo alla Puglia «di farci avere eventuali argomentazioni al riguardo con la massima tempestività». Ma il giorno successivo, alle 7,41 del mattino, accade una cosa inconsueta: gli Affari regionali mandano un’altra mail spiegando alla Regione che il parere trasmesso è «un atto interno del Dipartimento (per le riforme istituzionali, ndr), su cui gli uffici del ministro stanno ancora effettuando i necessari approfondimenti», e dunque «di non tenerne conto».

Nel pomeriggio precedente, il Legislativo del Consiglio pugliese aveva già trasmesso il parere alla giunta, e in particolare al capo di gabinetto Pinuccio Catalano (ex capo della struttura di missione del ministero Infrastrutture, il cui ex capo di gabinetto ora dirige il Dipartimento riforme istituzionali). La stranezza sta nel fatto che il contenuto del parere è assolutamente identico a quella che sarà poi la motivazione definitiva su cui si basa l’impugnazione, decisa il 23 febbraio.

Privacy Policy Cookie Policy