TARANTO - «Rischia di morire ancora prima di nascere il processo 'Ambiente svenduto' che si sta svolgendo a Taranto». Lo afferma in una nota Angelo Bonelli della federazione dei Verdi, che ha assistito questa mattina all’udienza in Corte d’Assise. «Lentamente - aggiunge - rinvio dopo rinvio, errori procedurali, dimenticanze dei cancellieri, si rischia che arrivi la prescrizione per i reati commessi dagli imputati. L’istanza presentata dai legali dell’ex Riva Fire (ora Partecipazioni Industriali), che anticipa il contenuto del patteggiamento, non rispetta il principio chi inquina paga, norma giuridica fondante delle direttive europee e della legislazione nazionale».
I soldi «dei Riva - osserva l’esponente dei Verdi - sequestrati per riciclaggio e frode fiscale, 1,3 miliardi di euro, sulla base di questo patteggiamento non saranno destinati a decontaminare la città dai veleni di decenni di inquinamento dell’Ilva ma utilizzati per la fabbrica per attuare le prescrizioni dell’Aia che in qualunque paese europeo sono a carico del proprietario dell’impianto e non dei cittadini». A Taranto «nessuno - attacca Bonelli - pagherà per l'inquinamento e il drammatico paradosso è che il processo rischia di diventare il luogo della soluzione dei problemi dell’Ilva e non di applicare il principio chi inquina paga in nome dell’interesse collettivo di una comunità massacrata dai veleni».
Tutto, conclude, è «drammaticamente poco chiaro, a partire dal comportamento del ministero dell’Ambiente che ha dato un parere sui piani ambientali presentati dalle due cordate di compratori mentre i cittadini nulla sanno di questi piani e non possono avere voce in capitolo determinando una violazione della convenzione di Arhus e delle direttive europee».(