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Trump: profetico Moore, annunciò l'American Brexit

 
Franco Giuliano

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Franco Giuliano

Mercoledì 09 Novembre 2016, 21:30

ROMA - The American Brexit. Michael Moore, lucido e profetico autore americano, avversario di Donald Trump (ma anche molto critico su Hillary Clinton), anziché un autoreferenziale 've l’avevo dettò - perché in effetti i suoi post sui '5 motivi per cui vincerà Trump', milioni di like nel mondo, risalgono al 24 luglio, all’estate, in tempi non sospetti - guarda già avanti. «A giugno - ha scritto oggi - l’Inghilterra ha votato per lasciare l’Europa. Ieri l’America ha votato per lasciare l’America». E subito: «Mattina dopo, ecco le 5 cose da fare. Non c'è tempo per il lutto».

Il regista premio Oscar nel 2003 per Bowling for Columbine, autore di Fahrenheit, 9/11, Sicko, nel rush finale della campagna elettorale per le presidenziali Usa ha fatto uscire 'Michael Moore in TrumpLand’, il suo nuovo documentario girato in Ohio, un atto di accusa all’uomo che gli americani hanno appena eletto presidente. In estate ne aveva profetizzato prima la vittoria alle primarie repubblicane e poi quella alle presidenziali in ripetute lettere (pubblicate sull'Huffington Post Usa) in cui più volte ha scritto «mai in vita mia ho desiderato così tanto di essere smentito».

«Mi dispiace dover essere ambasciatore di cattive notizie, ma sono stato chiaro l’estate scorsa quando vi ho detto che Donald Trump sarebbe stato il candidato repubblicano alla presidenza. Ed ora vi porto notizie ancora più terribili e sconfortanti: Donald J. Trump vincerà a Novembre. Questo miserabile, ignorante, pericoloso pagliaccio part-time, e sociopatico a tempo pieno, sarà il nostro prossimo presidente», scriveva Moore mentre media e sondaggi davano avanti Hillary Clinton e «si viveva dentro una campana di vetro».

Moore elencava i 5 punti, a cominciare dalla matematica del Midwest (Michigan, Ohio, Pennsylvania e Wisconsin) ossia la vittoria di Trump in quegli stati industriali distrutti dal sostegno di Clinton al Nafta, l’accordo nordamericano per il libero scambio. Il secondo punto, intitolato l’ultimo baluardo del furioso uomo bianco, si concentrava sul fatto che l’era patriarcale americana non era pronta per una donna presidente. Il terzo era Hillary stessa, il falco impopolare anche fra le giovani donne, rappresentante della vecchia politica ("non passa giorno senza che un millennial non mi dica che non voterà per lei"). Il quarto punto analizzava il 'voto depressò, quello dei sostenitori medi di Bernie Sanders che avrebbero votato con riluttanza Hillary senza alcun entusiasmo né trascinando altri. Infine il quinto punto 'Jesse Venturà, dal nome del wrestler professionista vincente a sorpresa in Minnesota negli anni '90, "perché nel chiuso della cabina elettorale, uno dei pochi luoghi della società dove non ci sono telecamere di sicurezza, si vota liberi, da ribelli segreti». E quindi anche in maniera sconveniente. 

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