BARI - Sarà stato lo choc per la notizia dell’aumento record dei biglietti ferroviari del 63% (dopo l’entrata in vigore del nuovo orario di Trenitalia andare in treno da Lecce a Milano, con scalo a Bologna, costerà 92 euro contro i 59 di qualche giorno fa); o forse la dimensione troppo «locale» del problema (in fin dei conti riguarda «solo» le migliaia di passeggeri che ogni giorno viaggiano verso la regione o ne partono), rispetto alla complessità degli argomenti che si stanno affrontando in queste ore in Parlamento riguardo alla manovra: liberalizzazioni, pensioni d’oro, stipendi e vitalizi. Di fatto, la «stangata» sui biglietti dei treni con il conseguente isolamento della Puglia dal resto del Paese, non ha registrato, fino a questo momento, alcuna reazione da parte dei nostri parlamentari, abituali viaggiatori «gratuiti» delle più comode linee aeree nazionali.
La risposta sta forse in una delle decine di commenti registrati sul nostro sito Internet da parte dei lettori-viaggiatori che ora, con il nuovo orario, oltre a pagare biglietti più salati, per andare da Lecce a Milano dovranno cambiare a Bologna. O se diretti a Roma, (con l’Intercity notte delle 23,20) dovranno prima arrivare ad Ancona, qui cambiare treno e dopo 10 ore e 20 di viaggio e 70,50 euro di costo, arrivare nella Capitale.
«È angosciante, scrive nel suo commento Gianni Pizzi, un viaggiatore che da 15 anni utilizza almeno due volte al mese il treno Lecce-Milano - notare che la soppressione del trasporto universale notturno dal Sud verso il Nord e viceversa non abbia registrato reazioni adeguate alla gravità di questo provvedimento. Vuol dire che l’intero ceto politico non riesce ad interpretare e nemmeno a monitorare le condizioni di vita di coloro che dovrebbero rappresentare. Per decenni la “Freccia del Levante”, “Il treno del Sole” e tanti altri convogli che hanno fatto la storia della emigrazione dal Sud hanno rappresentato il principale collegamento tra le due aree di questo Paese. Studenti, lavoratori emigrati nelle città del Nord, cittadini che avevano bisogno di farsi curare negli ospedali del Nord hanno fruito di questo trasporto, i cui costi, seppure crescenti restavano più o meno alla portata di tutti.
Oggi questi viaggiatori dovranno avvalersi di una fittizia Alta velocità che aumenta di quasi 40 euro (sulla tratta Lecce-Milano) il costo del biglietto, senza diminuire i tempi di percorrenza, che anzi, risultano più lunghi a causa dei cambi nella stazione di Bologna ». Gli unici a protestare contro questi aumenti, per il momento, sono quindi i viaggiatori. «Non è escluso - come annuncia Domenico Romito di Federconsumatori Puglia - che dopo questa stangata si avvii una class action per denunciare il conflitto di interessi sul trasporto ferroviario. Il cui contratto di servizio sul quale si regge e di cui nessuno conosce i termini esatti, è stato stipulato tra il ministero delle Infrastrutture, cioè lo Stato, e le Ferrovie dello Stato, cioè il Tesoro».
«Vuol dire - spiega Pietro Giordano, segretario nazionale di Adiconsum - che in Italia controllore e controllato sono la stessa persona. Un paradosso che noi abbiamo denunciato all’Unio - ne Europea, dalla quale ci attendiamo al più presto una decisione che metta chiarezza su questo tema. Non esiste - aggiunge - nessun altro Paese dove un monopolista, le Ferrovie dello Stato, separi la “carne” (la rete e le Grandi Stazioni), offrendola ai privati, e l’osso ai cittadini che, invece pagano il 63% in più dei biglietti, dietro la giustificazione del pareggio di bilancio per un servizio cosiddetto “universale”, cioè privo di costi di servizi aggiuntivi e accessibili a tutti, dunque fondamentale per garantire il diritto alla mobilità e la effettiva unità del Paese».
















