L'iniziativa
L'oasi pugliese delle tartarughe: un docufilm ne spiega la magia
Girato a Molfetta racconta vent'anni di aiuto e amore in mare del Centro Wwf
L’interesse del Centro recupero tartarughe di Molfetta ha ormai varcato i confini nazionali. Sono ormai tanti gli stati europei ad interessarsi di un’attività che da anni ha fatto di Molfetta la sede di in un centro di eccellenza per il recupero di tartarughe marine (soprattutto della specie caretta caretta) in grado di spingersi oltre lo stesso recupero in mare di una specie marina protetta.
Un’attività che negli anni ha visto una particolare specializzazione grazie alla dedizione dei suoi collaboratori e alle notevoli sinergie messe in campo. Questo, come si accennava, ha generato una notevole attenzione mediatica a livello internazionale, tanto da indurre, recentemente un’ emittente televisiva tedesco-austriaca a realizzare un docufilm sul Centro tartarughe di Molfetta, nonché sull’attività realizzata: dal recupero delle specie marine, al loro trattamento e cura sino alla liberazione in mare aperto. Quella che possiamo definire come una vera e propria magia è stata ripresa dal vivo e documentata da un’emittente straniera, attraverso immagini realizzate tra il porto di Molfetta e quello di Bisceglie, ma anche all’interno del Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Bari con sede a Valenzano, dove parte dell’attività viene posta all’attenzione di personale specializzato.
Il documentario, per la regia di Gustav Hover, andrà in onda a partire dall’8 maggio in Germania e successivamente anche in Austria e Svizzera. Tra i protagonisti del docufilm realizzato dall’emittente tedesco-austriaca SRF c’è il molfettese Pasquale Salvemini, coordinatore del Centro di recupero delle tartarughe marine controllato dal WWF, vera e propria anima dell’intero progetto.
La storia del Centro comincia nel 2002, quando la prima amministrazione comunale guidata da Tommaso Minervini mise a disposizione i locali dell’ex mensa della scuola elementare «Cozzoli». Tutt’oggi la sede del centro non è variata, ma molto presto lo sarà. Infatti, lo scorso anno, grazie ad un finanziamento regionale POR di circa 120 mila euro, l’attuale amministrazione comunale, guidata sempre da Tommaso Minervini, ha dato il via all’allestimento della nuova sede del CRTM presso l’ex alloggio del custode all’interno dell’istituto superiore «Vespucci». Fra qualche mese il nuove centro di recupero sarà completamente disponibile, mancano soltanto alcuni dettagli.
Parte delle riprese del docufilm sono state realizzate all’interno della nuova sede, dotate di vasche in vetro (probabilmente unico centro in Italia) grazie alle quali è possibile apprezzare la qualità delle acque utilizzate. Proprio in merito a quest’ultimo punto c’è grande attenzione. L’acqua marina, fornita dalla società «Steralmar» viene opportunamente sanificata e depurata, così da rendere conforme l’ambiente in cui le tartarughe verranno condotte e curate.
Il Centro tartarughe marine del WWF nel corso degli anni ha raggiunto importanti risultati. Da oltre 15 anni collabora con le marinerie di Bisceglie, Trani Molfetta, nonché con il Dipartimento di Medicina Veterinaria di Bari, con l’Università La Sapienza di Roma e con l‘Università di Pisa, per la salvaguardia e il recupero delle tartarughe marine. Negli ultimi 26 mesi il Centro ha raggiunto un importante obiettivo: sono state liberate e quindi marcate mille tartarughe della specie Caretta caretta. Di queste mille, dieci esemplari sono stati dotati di un satellitare, con tecnologia GSM che ne permetterà il tracciamento. I satellitari sono stati realizzati nell’ambito un progetto «Life», da un pool di ricercatori dell’Università slovena di Primorska. In sintesi, quando la tartaruga emerge per respirare, l’apparecchio, collocato sul carapace, trasmette la posizione GPS attraverso tecnologia GSM. In un secondo momento, i punti di emersione vengono collegati fra loro andando così a ricreare il percorso della tartaruga.
Al centro degli studi da parte del Centro Tartarughe di Molfetta c’è anche l’embolia gassosa, patologia simile a quella riscontrata nei sub, che si presenta nei carapaci. Attualmente il CRTM di Molfetta è l’unico al mondo, insieme al Dipartimento di Medicina Veterinaria di Bari con il Professore Antonio Di Bello, e all’Istituto Oceanografico di Valencia ad occuparsene. Diversi, invece, gli studi concentrati sulla specie Caretta caretta. E già emerso come il Golfo di Manfredonia sia un’area di foraggiamento estremamente importante per questi animali. Per questo motivo risulta determinate reperire maggiori informazioni al fine di tutelare questa specie. Lo studio, in particolare, si basa sull’analisi delle feci delle tartarughe recuperate e dei contenuti gastrici delle tartarughe morte. Dai primi rilievi è emerso che la Caretta caretta si nutre di un ampio spettro di specie che vanno dalle alghe, ai molluschi, crostacei. Tale studio ha fatto emergere come l’impatto di rifiuti di origine antropica incida sempre di più sulle tartarughe.
L’attività di ricerca è iniziata a ottobre 2020 e terminerà a maggio 2021 e si avvale della preziosa collaborazione dell’Università di Pisa. Grazie a questo progetto in essere è probabile che nei prossimi mesi possa essere avviata una raccolta fondi per istituire nel Centro recupero tartarughe marine di Molfetta la prima camera iperbarica. In 19 anni tante le storie che hanno appassionato i volontari del CRTM.
«Ogni recupero e liberazione di tartarughe marine ha una storia a se – ha commentato il coordinatore Pasquale Salvemini – ed è in grado di generare del pathos. Ricordo qualche anno fa il recupero di una tartaruga di soli 25 centimetri sul lungomare di Bari, in direzione San Giorgio. Era completamente ricoperta di petrolio tanto da suscitare molto interesse e curiosità. Fu un’attività complessa per via delle dimensioni dell’esemplare e per le condizioni in cui versava. Tuttavia riuscimmo a rimetterlo in mare dopo qualche mese. Fu invece una vera e propria sfida – ha proseguito Salvemini – il recupero di un’altra tartaruga marina, sempre qualche anno fa, che presentava il cranio completamente lacerato. Riuscimmo a recuperare la tartaruga viva soltanto perché non era stata intaccata la materia cerebrale. L’esemplare fu sottoposto ad un delicatissimo intervento chirurgico per la ricostruzione del cranio e rimase per un anno nel nostro centro. Un’altra storia a lieto fine conclusasi con la liberazione della specie marina con grandissima soddisfazione».