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Turi, nelle viscere di largo Pozzi: ecco le leggendarie cisterne

 
Valentino Sgaramella

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Valentino Sgaramella

Turi, nelle viscere di largo Pozzi:  ecco le  leggendarie  cisterne

Un lago naturale creatosi nel 1919 dopo un’alluvione. Lo studio del geologo Reina

Lunedì 15 Marzo 2021, 14:23

TURI - Siamo in largo due Pozzi, a Turi. Stefano De Carolis, un maresciallo che opera nel nucleo tutela del patrimonio artistico dell’Arma dei carabinieri, è un cultore di storia locale. Con la caparbietà di un segugio intravede una traccia e si pone alla ricerca del bandolo della matassa. In questo caso, il bandolo è un episodio recente da cui poter risalire.

«Una ventina di anni fa circa, il compianto don Vito Ingellis, all’epoca arciprete della città, cultore di storia locale e persona straordinaria dal punto di vista umano, mi raccontò una storia che lui aveva raccolto anni prima da un concittadino tale Vito Grazio Degrisantis, classe 1887». Tra il 2 e il 3 settembre 1919, Vito ha 22 anni e sta rientrando dalla periferia in direzione del centro cittadino a bordo del suo traino. La sorte lo ha prescelto perché assista a un episodio particolare. Pochi giorni prima la terra di Bari è stata devastata da un’alluvione con piogge assai abbondanti che hanno allagato diversi terreni.

Largo Pozzi all’epoca ha ancora la sua antica conformazione, ossia un avvallamento con antiche cisterne che l’uomo in epoche ancora più remote ha realizzato in corrispondenza di un preesistente lago, simile al lago di Sassano a Conversano. L’antico lago si è riempito di acqua per le piogge torrenziali cadute per giorni. L’acqua ha addirittura oltrepassato il livello della chiesetta di San Rocco. Si narra che molti turesi vadano a Polignano per noleggiare barche che consentano loro di attraversare questo specchio d’acqua. Dopo un paio di settimane accade qualcosa che Vito Grazio ricorda dopo una vita intera e che riferisce all’arciprete. Dunque, come detto, rientra con il traino dalla periferia in direzione del centro città.

Giunge in largo Pozzi e in corrispondenza di quella che viene chiamata dai turesi «grave», ossia una dolina, un inghiottitoio naturale che svela la natura carsica del territorio. All’improvviso vede spalancarsi dinanzi ai suoi occhi la voragine. Ecco le parole testuali dell’anziano mentre le racconta a don Ingellis. «Vidi partire da largo Pozzi una tromba d’acqua che andò dapprima in alto quanto l’altezza del campanile; dopo ricadde facendo un rumore spaventoso. Seguì un tremendo boato per l’enorme pressione esercitata dall’acqua e nel terreno si spalancò un’enorme voragine». Quindi, questa colonna d’acqua è risucchiata in basso riassorbendo d’un colpo anche tutta l’acqua esistente nel lago. Sembra un racconto tratto dai romanzi di Jules Verne con mostri marini e colonne d’acqua di altezza straordinaria. «Mi parve una ricostruzione fantasiosa – dice il maresciallo De Carolis – quando alcuni mesi fa ho rivisto questo racconto e mi sono incuriosito»>.

Ed ecco che il maresciallo contatta un geologo suo amico Alessandro Reina, ricercatore, docente al politecnico e direttore scientifico delle grotte di Castellana. De Carolis racconta al geologo l’intera vicenda. «Per il geologo questa è una testimonianza straordinaria, tecnicamente lo chiamano effetto lavandino. Sono aperture improvvise e assolutamente imprevedibili del terreno in un dato momento e in letteratura scientifica pare non vi siano casi di testimoni oculari di voragini simili». Spiega: «In largo due Pozzi c’erano in epoche antiche 57 pozzi e alcune cisterne, una delle quali addirittura con acqua sorgiva. Questa cisterna era denominata “cisterna antica” e viene citata in una pergamena datata 1174». Quei pozzi hanno dato acqua alla popolazione per oltre mille anni, fino all’avvento dell’Acquedotto Pugliese.

Era, quella dei pozzi, l’acqua pubblica. Chi non aveva un pozzo in casa si recava in quell’avvallamento per raccogliere acqua ad uso domestico. Il Fascismo bonifica l’intera area nel 1932. Le antiche cisterne vengono rimosse e con materiale inerte si riempie l’area. Viene abbattuto anche un ponte sopraelevato che consente di dirigersi in via Sammichele.
«Con il prof. Reina abbiamo deciso di fare un lavoro. Lui si occupa dell’aspetto scientifico, io di quello storico». Nella mattinata di lunedì 25 gennaio 2021, alla presenza del vice sindaco e dell’assessore ai lavori pubblici del Comune di Turi, Graziano Gigantelli, è stata effettuata una prospezione georadar di Largo Pozzi «con il doppio obiettivo di valorizzare la testimonianza storica del luogo e valutarne la potenziale pericolosità geologica. Questa attività ovviamente sarà la base per pensare ad una riqualificazione di quell’area che tenga conto della sua storia e dell’ambiente», dice De Carolis.

I risultati della complessa ricerca tecnico-scientifica saranno oggetto di una pubblicazione edita daĺla rivista ufficiale del Consiglio nazionale dei geologi «Geologia Tecnica e Ambientale». Lo stesso docente universitario spiega: «Oltre a eseguire un rilievo topografico del sito si è proceduto all’analisi tramite georadar; un’indagine strumentale che, mediante l’invio di onde elettromagnetiche, restituisce un’immagine della composizione del sottosuolo, individuando la natura e la disposizione dei diversi materiali, offrendo dunque un quadro accurato dell’assetto attuale della piazza. Nel nostro caso, questo esame è servito per avere contezza della presenza delle strutture che storicamente insistevano nell’area, come le cisterne e i pozzi, sepolte dai vari interventi antropici. Ove possibile, inoltre, proveremo anche a ricostruirne l’esatta ubicazione».

Insomma, si tratta di un cosiddetto approccio di archeologia geologica, volto a disegnare il profilo di come un tempo si presentava Largo Pozzi. Si unisce una finalità strettamente pratica: «Potremo comprendere se sussistano elementi riconducibili a una pericolosità idrogeologica, tali da configurare un rischio per le abitazioni costruite decenni fa. Difatti – prosegue Reina – nell’area è presente un inghiottitoio, determinato dallo sprofondamento della parte sommitale di una dolina. Si tratta di una sorta di imbuto naturale, in cui convergono le acque meteoriche, che ha assorbito l’antico lago carsico che si veniva a creare dopo le piogge. Un lago che, collegato a un sistema di circa 60 pozzi, ha rappresentato per molti anni un’importante riserva idrica per l’abitato di Turi».

Infine: «Nei prossimi giorni analizzeremo i dati raccolti, incrociandoli con altri materiali, quali fotografie aeree e cartografie preesistenti. Il tutto sarà compendiato in una relazione geologica che fornirò al Comune in modo che l’ente possa orientarsi nella riqualificazione funzionale di largo Pozzi, optando per l’intervento tecnicamente più corretto, valorizzando le tracce storiche e, al tempo stesso, preservando l’incolumità dei cittadini».

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