Per molti anni siamo stati dirimpettai. Lo squillo del cellulare, sul display appariva «Franco Cassano» e si scendeva, tu a portare il cane a spasso, io con mio figlio Antonio nel passeggino. C’incontravamo sul sagrato di San Giuseppe e dalla chiesa si andava verso il mare. L’anzianità del tuo cane ci garantiva un passo «meridiano». La gente vedendoci discutere immaginava trattassimo argomenti elevati; è vero, volavamo altissimi, parlavamo solo e sempre di Inter. A volte la passione nerazzurra ci faceva sostenere un po’ la voce, qualche passante sentiva e condividendone la fede s’intrometteva; in pochi minuti diventavamo un’assemblea non autorizzata, da te capitanata. Il raduno poteva andare avanti anche ore. Di tanto in tanto la moglie di qualche interista si avvicinava al marito pregandolo di venire via, ma era subito redarguita dal coniuge, «Non vedi che sta parlando il professor Cassano?». S’intrufolavano anche alcuni padri interisti tenendo per mano figlioletti che indossavano maglie del Milan o della Juve, immagini che non avremmo mai voluto vedere e per le quali invocavamo l’intervento non del Var, ma del tribunale minorile per sottrarre loro quei pargoli e darli in affidamento a genitori nerazzurri più retti moralmente.
La svolta alle nostre camminate fu l’arrivo in panchina di Josè; dopo essere stato artefice di Città Plurale, aderisti al mio club «Froci di Mourinho», con tanto di tessera onoraria. Sembrava che Mou c’avesse ascoltato; via il rombo di centrocampo, passaggio al 4 3 3, difesa impenetrabile e tutti piedi buoni in attacco. Quando vendemmo Ibra furono in molti della comitiva «Madonnella Nerazzurra» a manifestare il loro disappunto; dovettero fare i conti col nostro entusiasmo per l’arrivo di Eto’o. Qualcuno si lamentava con te di Thiago Motta, «Troppo lento, professore». «Ma come! - reclamavo - vi lamentate della lentezza proprio col suo cantore? Allora non avete letto una mazza! Andare a piedi è sfogliare il libro, correre è guardarne solo la copertina! E non facciamoci sempre conoscere...». Tu paziente educavi il popolo nerazzurro, spiegavi che Thiago Motta era un genio assoluto, vedeva spazi che nessun umano immaginava, perché il calcio è pensiero e piedi buoni, come l’altra sera, hai visto Franco? Punizione dal limite, la batte Eriksen e la mette sotto la traversa.
È il gol che ti dedico per festeggiare con te i venticinque anni dalla pubblicazione de Il pensiero meridiano, il tuo libro che, come la Settimana Enigmistica, vanta numerosi tentativi di nascondere dietro le tue analisi profonde la nullità ideale della classe politica nostrana, un’assenza di neuroni che pretenderebbe tu scrivessi un sequel dal titolo Il pensiero meritiamo, ma meglio non sprecare altro tempo amico mio, con una finta del «Principe» li abbiamo scartati tutti, torniamo al nostro idillio nerazzurro. Amala Franco. Amala.