Le dichiarazioni

«Impossibile separare Matera dalla Bruna»: l’arcivescovo Caiazzo sui festeggiamenti per la patrona

Carmela Cosentino

«Dietro questa festa c’è un forte senso di appartenenza, e di identità di un popolo che sta venendo fuori anche a livello diocesano»

MATERA - Fede e devozione. Ma anche tradizione e ricostruzione. La festa in onore di Maria Santissima della Bruna non è una semplice ricorrenza religiosa, ma in tutte le fasi, dall’inizio della Novena, il 23 giugno, fino al 2 luglio, è la manifestazione “dell’identità di un popolo in cammino, che segue i passi di Maria”. Per mons. Antonio Giuseppe Caiazzo arcivescovo della diocesi di Matera – Irsina e vescovo di Tricarico, “non si può separare Matera dalla Bruna. Dietro questa festa c’è un forte senso di appartenenza, e di identità di un popolo che sta venendo fuori anche a livello diocesano. La pandemia mi ha suggerito di portare il Quadro della Madonna dei pastori nelle diverse parrocchie della città, dove ognuno poteva andare a venerare l’Immagine di Maria. Poi la scelta di portare il Quadro anche nei Comuni dell’arcidiocesi che negli ultimi anni sta riconoscendo la Madonna della Bruna come sua Protettrice. Una novità che sta mettendo in evidenza che il popolo che venera la Patrona della città dei Sassi, oggi è in aumento”.

Una partecipazione sempre più ampia, dovuta anche a una comunicazione social, immediata. In questo la tecnologia si è rivelata uno strumento che permette di raggiungere utenti, non solo lucani e materani, che risiedono in tutte le parti del mondo, che in questo modo possono immergersi nei suoni, nei colori, nelle suggestioni di una festa che si celebra a Matera ormai da 635 edizioni. “Una comunicazione- aggiunge monsignore- che permette di far arrivare un messaggio oltre i confini. Penso ai tanti nostri immigrati che hanno così la possibilità di vivere le varie fasi della festa, o alle lacrime sul volto delle persone quando partecipano alla santa messa trasmessa in diretta, alla processione dei Pastori, al momento in cui la Madonna viene posta sul carro trionfale per raggiungere piazza Duomo, e il suo rientro in Cattedrale. Sono momenti particolari che abbiamo bisogno di comunicare all’esterno”. Un aspetto che nel tempo ha subito un’importante evoluzione, è la grande partecipazione dei giovani alle diversi fasi della festa, dalla processione dei pastori allo strappo del carro. “La pandemia ci ha insegnato molto- sottolinea- quando abbiamo ripreso a celebrare la messa del mattino in piazza Duomo, abbiamo puntato sui giovani. Devono essere loro ad animare la funzione con i canti, devono essere loro i nuovi pastori che percorrono le strade della città. Ed è grazie a questa partecipazione che la tradizione proseguirà. Se sono loro a prendere in mano le redini della festa, e a fortificarsi in questa fede, cogliendone il profondo significato, allora si potrà continuare serenamente e questo rinnovamento garantirà il protrarsi delle celebrazioni nel tempo”. La festa è anche lo “strazzo” del carro, atto finale di una lunga giornata, che si consuma in piazza Vittorio Veneto. Ma per la chiesa quale significato riveste? “Dopo anni di partecipazione alla festa, un senso l’ho trovato nell’ultimo grido che lancio alla fine dei festeggiamenti. In queste parole c’è l’augurio di poter fare di anno in anno sempre meglio questo cammino di fede. L’atto di distruzione del carro, la ricerca di un pezzetto da conservare o da spedire in una busta alle persone care che vivono fuori, assume il significato di ricostruzione. Ogni anno dobbiamo “ricostruirci” alla luce dell’ insegnamento evangelico che scegliamo di anno in anno come tema del carro, e che la Madonna ci ricorda. E questo ricostruire, diventa sempre più la vera identità di un popolo credente, che ha fede, che si fida di Dio e della sua Madre”.

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