criminalità

A Nardò caccia alle «primule rosse: in due sfuggono alla cattura

Fabiana Pacella

Si tratta di Antonio Duma e Alberto Simone, entrambi di Nardò e sfuggiti alla cattura dei carabinieri nell’ambito dell’operazione «Fenice Neretina» coordinata dalla Dda

Sono due le «primule rosse», sfuggite alla cattura dei carabinieri nell’ambito dell’operazione «Fenice Neretina» coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia.

All’appello dei 19, tra condotti in carcere e ristretti ai domiciliari, manca la figura di spicco, colui che è ritenuto dagli inquirenti – nelle oltre mille pagine dell’ordinanza - regista e promotore delle attività dell’associazione per delinquere dedita al traffico di stupefacenti, tentata estorsione, e poi incendi, lesioni personali, rapine, armi, con metodo mafioso. Si tratta di Antonio Duma, 64 anni, di Nardò, conosciuto negli ambienti di riferimento con i soprannomi “Papà”, “Lo zio” e “Lu grande”, e di Alberto Simone, neretino di 27 anni, elemento di spicco della struttura associativa con ruolo di organizzatore.

«Primule rosse» sulle cui tracce sono i militari dall’alba di martedì. Qualche fumus sull’operazione ai nastri di partenza pare fosse stato captato in qualche modo, a fronte di chi è stato rintracciato, qualcuno ha scelto deliberatamente di non farsi trovare e ora si lavora su luoghi sicuri, fiancheggiatori, e su quella rete talmente fitta, sul territorio di appartenenza e non solo, che seppur smantellata in gran parte e colpita in maniera dura, proprio come l’araba fenice riesce a rigenerarsi e germogliare.

Una terza casella mancante, quella di Massimo Cosimo Schirinzi, 50 anni, di Nardò ruolo secondario di partecipe alle attività del clan, è stata riempita martedì sera quando l’uomo si è presentato, in caserma a Gallipoli, accompagnato dal suo legale.

Tornando a coloro i quali al momento vanno inquadrati come latitanti, sono al vaglio degli investigatori tutte le ipotesi, ivi comprese le conoscenze in ambienti carcerari come anche figure di primo acchito insospettabili che popolano l’universo magno del mondo di mezzo, limaccioso, vasto, indefinito.

Il resto è nel riserbo dell’attività investigativa che prosegue senza sosta e punta a chiudere il cerchio attorno all’operazione.

L’ennesima nel Salento, che mette in luce un’attività mafiosa effervescente, pur con le metamorfosi dovute ai tempi e alle detenzioni eccellenti che vedono privi della libertà fisica i capi storici dei diversi clan della Sacra Corona Unita. Privi di libertà ma non della capacità di reggere le sorti della “famiglia” e forti sempre di potere intimidatorio e di appoggi e attività pratica di sodali di livello. Accanto a tutto questo, la manovolanza di facile reclutamento.

Tornando alle due figure ricercate dai carabinieri, Duma è accusato «di aver costituito, promosso, diretto e organizzato l’associazione individuandone i sodali, sancendo il placet per gli innesti di altri pusher ricevendo il denaro realizzato mediante lo spaccio dei narcotici i cui partecipi, unitamente a lui si approvvigionavano in maniera stabile e continuativa da molteplici canali di rifornimento, procedendo alla vendita e al recupero dei crediti derivanti dall’attività di cessione della droga anche mediante l’utilizzo del metodo mafioso». Simone compare invece come «elemento di rilievo occupandosi in prima persona sia delle attività di spaccio sia del recupero dei crediti anche attraverso la violenza e la minaccia».

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