Nel Salento la pizzica non è solo musica e tradizione: può diventare grido, atto di resistenza, bandiera che sventola danzando. È ciò che ha scelto di fare Cristina Frassanito, danzatrice salentina, che nelle sue ultime performance ha portato sul palco un gesto tanto poetico quanto politico: una pizzica per Gaza.
Con le zagareddhre intrecciate nei colori della bandiera palestinese e una kefiah indossata come fosse parte del costume tipico, Frassanito ha trasformato il ballo popolare in un messaggio universale. Non solo passi, non solo ritmo, ma un corpo che vibra insieme a una coscienza, che dice: non possiamo restare in silenzio.
«La giustizia non si fa da sola – ha dichiarato l’artista –. Ha bisogno di voci coraggiose. Il mio modo di rompere questo silenzio atroce e imbarazzante è questo, un piccolissimo gesto per provare a svegliare le coscienze di chi fa finta di non vedere».
Il conflitto israelo-palestinese è diventato una ferita aperta che lacera il mondo intero. Scegliere di esporsi, oggi, significa assumersi un rischio, ma anche una responsabilità: quella di non restare indifferenti. Cristina lo ha fatto a modo suo, con il linguaggio che conosce meglio: la danza. E così la pizzica – ballo ancestrale che nasceva come rito di liberazione, di guarigione – ritorna alle sue origini. Diventa denuncia, diventa solidarietà, diventa atto politico. Un messaggio chiaro: «Non in mio nome! Stop al genocidio. Free Palestine».
La sua voce non è isolata. È un’eco che si allarga, che porta con sé il sapore di questa terra, la sua cultura, la sua capacità di trasformare il dolore in arte. «Io tegnu nu tormentu intra allu piettu ca me consuma e nu se ferma mai», scrive ancora l’artista. Un tormento che diventa danza, che scuote chi guarda e ascolta.
In tempi di censura, paura e indifferenza, anche una pizzica può diventare un’arma. Non di violenza, ma di coscienza. Perché a volte basta un gesto, un passo di danza, per aprire una crepa nel muro del silenzio.