CASARANO - Salvato dai debiti, grazie all’organismo di composizione della crisi del Comune di Casarano. Con la sentenza dello scorso giovedì, il Tribunale di Lecce ha omologato un piano di ristrutturazione dei debiti per un cittadino che ha visto salvare la propria casa e ridurre il debito da 150mila a 30mila euro.
La vita dell’uomo, descritto come «un gran lavoratore, sempre pronto a farsi carico delle esigenze e dei problemi della famiglia», è stata provata dalla grave malattia di un familiare. L’uomo dà fondo a tutti i suoi risparmi, per garantire le migliori cure. Poi, inizia a chiedere prestiti, con rate sempre più alte, sino a divenire insostenibili. A complicare le cose, arriva anche il gioco, che ben presto assume la forma di un disturbo. Fortunatamente, l’uomo riconosce il problema e chiede aiuto a professionisti del settore.
Il piano di ristrutturazione dei debiti è stato redatto con l’ausilio dell’esperta in procedure concorsuali Albarosa Marigliano, che ha dimostrato come, grazie alla proposta di rateazione, il soddisfacimento dei creditori sarebbe stato superiore all’alternativa di liquidazione dei beni di proprietà dell’uomo, come la casa di abitazione. Il Tribunale ha riconosciuto la totale «mancanza di malafede, colpa grave o frode nell’aver creato la propria situazione di sovraindebitamento».
«Tale sentenza – commenta la dottoressa Marigliano – si rivela un provvedimento che rende giustizia a tutti quei lavoratori, padri di famiglia, che a causa di improvvisi ed inaspettati eventi, incappano nel tunnel del sovraindebitamento che talvolta, a causa di fragilità emotive, sfocia nella ludopatia. Il senso di vergogna tende a tenere nascoste queste problematiche che invece sono delle piaghe della società moderna».
Sulla stessa lunghezza d’onda i legali che hanno assistito il ricorrente, Antonio Tanza e Filomena Cosentino dell’associazione a tutela dei consumatori Adusbef Lecce. «Il provvedimento – commentano gli avvocati – è di rilevante portata in quanto si colloca in quella giurisprudenza più recente e attenta che, dopo una prima resistenza, non considera il disturbo da ludopatia una causa ostativa all’accesso a tale tipo di procedure».