maternità nel salento

Niente «ruote» né culle termiche, ecco come Lecce «accoglie» i neonati

Redazione Lecce

Caritas e Cav aiutano le madri, la Asl garantisce il parto in anonimato

Strade semideserte, sterrate, qualche basolo e le lanterne a olio. In genere erano posizionate in una nicchia resa discreta dai gradini che le distanziavano dall’affaccio dell’edificio. Erano tempi in cui bastava suonare il campanello perché qualcuno, in genere una donna vestita tutta di bianco o tutta di nero, facesse girare la ruota per prendere in carico e salvare dal freddo e dalla fame un neonato indesiderato. L’anonimato? Garantito da ritmi di vita diversi, da finestre sbarrate col calare del sole.

Nel cuore della città barocca, capoluogo del Salento, di ruote ce n’erano due. Ma solo una, quella del Conservatorio Sant’Anna, è stata utilizzata per affidare bambini alle cure della Chiesa. Non erano tempi di culle termiche, sensori, allarmi che, com’è purtroppo accaduto a Bari, all’improvviso hanno smesso di funzionare provocando la morte di un piccolo angelo.

La ruota delle suore Benedettine, accanto alla chiesa di San Giovanni Evangelista, funziona ancora. Più o meno con le stesse modalità per cui è nata: far ruotare il cibo. Un tempo serviva per consegnarlo ai poveri della città, oggi in gran parte viene utilizzata per “vendere” i dolci sacri e rinomatissimi di pasta di mandorla, antica e segretissima ricetta rimasta tal quale dal 1700. La ruota che ha accolto bimbi in fasce è invece oggi inutilizzata ma ancora ben visibile all’esterno del Conservatorio Sant’Anna, soprannominato “Conservatorio delle pentite”, tra i vicoli del quartiere Giravolte. Fu frate cappuccino Bernardino da Albano a volere un ricovero per l’accoglienza di ex prostitute che volevano redimersi. In realtà finì col dare ospitalità anche a ragazze madri e donne cui era stato imposto un matrimonio tutt’altro che idilliaco. Storie di sofferenza che forse proprio per questa ragione erano in grado di raccogliere vite infrante e complicate sin dal primo vagito. Dall’interno del Conservatorio la ruota appare come un mobile incassato nel muro, chiuso da uno sportello tondeggiante di legno scuro. Per aprirlo verso la nicchia esterna è necessaria una leggera pressione.

Ricordi di storie tragiche in quello che oggi è un edificio che accoglie eventi culturali ma che purtroppo è stato, dopo la sconsacrazione della chiesa di San Sebastiano nel 1967, anche deposito di legnami e officina meccanica. Uno sfregio.

La città di Lecce, e a dirla tutta la sua provincia in generale, non ha mai sostituito le ruote con le più moderne - e a quanto pare, fallibili - culle termiche. La conferma arriva dalla Asl e dalle associazioni che si occupano del diritto alla vita.

Don Nicola Macculi, direttore della Caritas, spiega: «Qui a Lecce ci sono sensibilità diverse. La ruota o culla termica in realtà non serve. Le esigenze riguardano piuttosto la necessità di far sentire accolte le mamme in difficoltà e offrire loro tutto l’aiuto concreto di cui hanno bisogno». Un supporto che non giudica, come il Cav, il Centro di aiuto alla vita gestito dal Centro pastorale piocesano. Don Giovanni Serio, direttore dell’ufficio Famiglia e Vita, racconta: «Le ruote erano nate nell’800 per accogliere “gli esposti”, come li chiamavano a Napoli. Bimbi che arrivavano dalle guerre, da povertà indicibili e da violenze. Come Cav offriamo un servizio differente. Supportiamo le mamme con aiuti economici, legali e psicologici, sia durante la gestazione sia dopo la nascita per i primi 3 anni. Certe volte ci arrivano foto dei piccoli con dediche del tipo “è diventato grande, ed è anche figlio vostro”».

Per chi invece a quel figlio vuole proprio rinunciare, dalla Asl ricordano che vige la legge del cosiddetto parto in anonimato. Si può quindi dichiarare al personale sanitario entro tre giorni dalla nascita di non voler riconoscere il bambino. In teoria. Nella pratica bisogna che quella scelta drammatica faccia i conti con stanze dove altri letti accolgono altre mamme e parenti festosi, occhi giudicanti e che non comprendono, e smartphone tra le mani.

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