L'allarme
L’autunno caldo del tessile-calzaturiero: 3mila posti di lavoro a rischio nel Salento
Tiene il lusso, tracollano le altre commesse. La Cgil: «Ora un tavolo tecnico regionale»
Il Salento si prepara a vivere la seconda grave crisi della storia del Tac, con 3mila operai che rischiano di rimanere senza lavoro il prossimo anno.
Lo scenario che si presenta alle maestranze e ai sindacati è nebuloso, perché legato a tantissime incertezze connesse sia alle commesse di prodotti del tessile, dell’abbigliamento e del calzaturiero, che alle strategie che il mondo politico intenderà adottare da qui ai prossimi mesi, prima fra tutte l’opera di convincimento verso i grandi gruppi industriali.
Come è risaputo il Tac salentino, strutturato principalmente nei poli di Casarano, Tricase, Nardò e Galatina, dopo la gravissima prima crisi registrata a fine anni ‘90 ha avuto un’evoluzione che lo ha portato a sdoppiarsi. Ora da un lato c’è un ramo del settore legato al lusso, con l’arrivo e gli ordinativi di grandi brand internazionali, dall’altro ce n’è un altro ancorato alla produzione di articoli a basso valore aggiunto ma a largo consumo, definiti dozzinali. Proprio quest’ultimo sta andando verso una fortissima crisi e, dopo le centinaia di richieste di cassa integrazione avviate prima dell’estate, in questo autunno ne stanno per arrivare a migliaia, di cui molte già presentate nel mese di settembre.
«Tra contratti di solidarietà e richieste di cassa integrazione accordate - spiega il segretario provinciale Cgil Lecce Tommaso Moscara - ci sono almeno 2mila persone interessate, che si vanno ad aggiungere alle 800 che hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali prima dell’estate. Tutto è legato all’abbattimento delle commesse nel settore degli articoli non di lusso - osserva - questo evidenzia e rispecchia quello che è un fattore che si registra a livello nazionale, dove i ricchi si arricchiscono sempre di più e puntano all’acquisto di beni di lusso ed extralusso, mentre la stragrande maggioranza delle persone si avvia verso la povertà e quindi è costretta ad acquistare merce sempre più a basso costo».
La crisi, stando alle prime valutazioni fatte dalla Filctem Cgil, che ha fornito dati che illustrano l’emergenza nel settore, sta interessando maggiormente le medie aziende, che contano tra i 100 e i 300 dipendenti, ma è l’intero indotto in piena sofferenza. I poli produttivi più in difficoltà sono quelli di Casarano, Tricase e Galatina appunto, mentre nel settore del lusso è stata registrata solo una lieve flessione che è subito rientrata.
«Riguardo alle produzioni per i grandi marchi - chiosa Moscara - c’è stata una piccola parvenza di crisi ma non è stata molto sentita, perché c’è stato un accordo di mantenimento l’anno scorso e, per fortuna, sono arrivate le altre commesse. Prima dell’estate si è fatto invece grande ricorso ai contratti di solidarietà e alla cassa integrazione per almeno 800 unità nella produzione dei prodotti del Tac di uso comune. Il quadro però - avverte il segretario Cgil - potrebbe essere ancora più nero perché alle rilevazioni sfuggono i dati delle piccole imprese, che contano poche unità e potrebbero non avere all’interno rappresentanze sindacali».
La speranza è riposta in una ripresa con ulteriori ordini in questo comparto per il prossimo anno, intanto si chiede a gran voce l’apertura di un tavolo tecnico regionale per affrontare la crisi.
«Abbiamo chiesto l’apertura di un tavolo di crisi regionale - annuncia Moscara - perché l’emergenza del Tac non riguarda solo il Salento, ma anche altre aree pugliesi come il polo produttivo di Martina Franca. L’obiettivo del tavolo è avere un’unica cabina di regia, monitorare la situazione e pensare a come affrontare i percorsi di crisi. In quella sede, che ci auguriamo possa essere già attiva entro la fine di quest’anno, discuteremo sulla possibilità di attivare contratti d’area, ma è complicato avere i dati sui flussi e capire quali commesse arriveranno, per questo siamo impegnati anche a intervenire sui committenti. Vogliamo evitare che si verifichi un altro tracollo come quello tra fine anni ‘90 e inizio millennio, quando il territorio fu depauperato con i trasferimenti all’estero a caccia di lavoro a basso costo, perché il Salento non vive solo di turismo. Quello che vediamo oggi - tiene a evidenziare il sindacalista - è frutto di un lavoro ultraventennale a favore della ripresa. Serve una strategia per arrivare a metà del 2025 con azioni concrete, altrimenti - è il suo monito - ci sarà un colpo durissimo all’economia del territorio, con una crisi profondissima e migliaia di famiglie senza reddito».