Ricerca

Vermi robot, nuova frontiera in soccorso della vita umana

Maria Pia Romano

Un lavoro ispirato dall’osservazione di organismi raccolti tra le alghe sulle coste salentine

LECCE - Flessibili come organismi marini e intelligenti, in grado cioè di adattarsi alle cavità per esplorare ambienti complessi, quasi fossero i tentacoli di un polpo: sono i Soft Robot che il progetto europeo di ricerca MAPWORMS si propone di creare. L’acronimo MAPWORMS viene da «Mimicking plasticity and adaptation in worms», che in sostanza significa «Imitare l’adattabilità e la plasticità dei vermi»: gli scienziati si lasciano «bioispirare» da vermi marini che provengono dalle coste del Salento, per progettare robot in grado di percepire gli stimoli provenienti dall’ambiente esterno e modificare la propria forma per adattarsi ad esso.

In pratica, grazie alla loro autoadattabilità, potranno essere utilizzati tra le rocce di una frana o tra le macerie di un terremoto alla ricerca di dispersi, o ancora, in cavità e cunicoli “morbidi” come l’intestino umano o i vasi sanguigni, per attività diagnostica di esplorazione o per il rilascio controllato di medicinale. Un obiettivo ambizioso e affascinante quello del progetto H2020 MAPWORMS, al quale lavorano sinergicamente vari team da Italia, Israele, Grecia, Finlandia, Austria: una combinazione di giovani ricercatori, scienziati di fama mondiale e piccole e medie imprese innovative.

Il gruppo leccese è guidato da Professor Luigi Musco, docente di Zoologia del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali dell’Università del Salento, ed è composto dai ricercatori Joachim Langeneck, Meri Bilan e da Desireé Dimichele, neolaureata del Corso di Laurea Magistrale in Coastal and Marine Biology and Ecology dell’UniSalento proprio con una tesi sugli anellidi del progetto MAPWORMS. Il gruppo si avvale anche dell’esperienza della professoressa Adriana Giangrande e del prezioso supporto di giovani ricercatori come Giulia Furfaro, Matteo Putignano e Andrea Toso.

«Il progetto punta a sviluppare un nuovo concetto di robot bioispirati e completamente autonomi, in grado di svolgere compiti in risposta a stimoli ambientali grazie all’utilizzo di materiali intelligenti - spiega il Professor Luigi Musco -. Gli anellidi marini sono in grado di adattarsi a tutti gli habitat marini, anche quelli estremi, scavando nei sedimenti, ancorandosi a rocce, alghe o vivendo in anfratti, esplorando l’ambiente circostante sporgendo e allungando parti del corpo o ritraendo il corpo per sfuggire alla predazione. La bioispirazione è proprio questo: osservare gli organismi viventi e comprendere le loro straordinarie capacità per poi imitarle creando strumenti utili all’uomo».

L’idea nasce proprio dall’osservazioni di vermi raccolti tra le alghe attaccate alle rocce della zona di marea: «Ho mostrato il comportamento di uno di questi organismi ad un caro amico, esperto di biorobotica che mi ha suggerito di contattare Arianna Menciassi dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa per fare vedere cosa questi piccoli organismi sono in grado di compiere. Da quell’incontro è nata una collaborazione che è sfociata in questo ambizioso progetto Europeo di Ricerca H2020», racconta Musco, che sottolinea: «L’obiettivo della soft robotics (letteralmente robotica morbida) è la progettazione e costruzione di robot con componenti fisiche flessibili. Questi robot hanno un potenziale enorme in quanto la loro flessibilità consente loro di infilarsi in luoghi in cui i corpi rigidi non possono. I soft robot sono progettati per assomigliare ad organismi “morbidi” come i polpi, i bruchi ed altri animali».

Grande entusiasmo viene espresso dagli studiosi che lavorano con al progetto. Joachim Langeneck è un ricercatore di trentaquattro anni e proviene da Pisa, studia gli anellidi marini da oltre dieci anni e per lavorare su MAPWORM si è traferito volentieri a Lecce. «Il mio principale interesse è sempre stato relativo alla diversità ed evoluzione degli anellidi marini, e ovviamente questa è una parte importante del progetto, anche perché la costa del Salento, dove stiamo lavorando, è caratterizzata da una incredibile diversità di ambienti, e quindi da una diversità degli organismi marini molto maggiore rispetto ad altre aree del Mediterraneo».

Questa grande biodiversità del Salento durante il primo anno del progetto è stata studiata con circa quaranta campagne di campionamento. «Le campagne hanno interessato diversi habitat e a diverse profondità, per ottenere nuovi dati sulla diversità e la distribuzione degli anellidi marini, soprattutto in zone scarsamente studiate in passato come aree rocciose caratterizzate da apporti di acqua dolce di tipo carsico, affioramenti coralligeni a profondità comprese tra 25 e 50 m, biocostruzioni mesofotiche a profondità comprese tra 50 e 90 m, e sedimenti della zona di piattaforma a profondità comprese tra 20 e 100 m.», spiega Musco. Anche alcuni pescatori salentini hanno dato il loro contributo per il campionamento.

Da subito desiderosa di approfondire il concetto di bioispirazione, la venticinquenne Desireé Dimichele: «Mi sono appassionata ai vermi marini qualche anno fa, durante il mio tirocinio di laurea triennale nei laboratori dell’università. Spinta dalla curiosità per il mondo marino ho poi deciso di frequentare il corso di studi in Coastal and Marine Biology and Ecology. Quando il prof. Musco, durante una delle lezioni del corso, annunciò l’avvio di MAPWORMS, mi sono subito dimostrata interessata e curiosa della bioispirazione che anima il progetto. Ora ho possibilità di approfondire la mia conoscenza su questi invertebrati marini così vari, investigando proprio sulle coste del Salento».

Alla guida del progetto la professoressa Arianna Menciassi docente di Bioingegneria Robotica Biomedica della Scuola Superiore San’Anna di Pisa: nello studio è coinvolto anche il gruppo del Professor Itamar Willner dell’Università di Gerusalemme, un luminare nel campo della chimica dei materiali. Di recente l’Innovation Radar della Commissione Europea ha indicato il gruppo dell’Università del Salento insieme ai colleghi greci ed al gruppo del Sant’Anna di Pisa come Key Innovators, grazie all’idea innovativa di bioispirazione.

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