LECCE - Contro la criminalità e contro le discriminazioni. Ma anche in favore di un utilizzo misurato dei social media e per un’etica della mediazione: senza scontri e polemiche vane. E con un impegno – nelle attività quotidiane, come nell’amministrazione della politica cittadina – rivolto al bene comune.
Il serpentone della processione, alla presenza delle autorità religiose e laiche, si ferma per ascoltare le riflessioni dell’arcivescovo di Lecce, monsignor Michele Seccia. Che parla intersecando la religione alla quotidianità. Specificando i modi in cui le azioni umane possano essere irradiate dalla luce della fede.
«A volte – ha detto Seccia - noi ci illudiamo nel pensare che il Signore intervenga nel mondo attraverso la “bacchetta magica”. Non è questo ciò che ci insegnano i nostri Santi Oronzo, Giusto e Fortunato. Il Signore ordinariamente interviene in ogni avvenimento della storia, attraverso quegli uomini e quelle donne che, accogliendo la sua Parola e vivendo del suo Vangelo, diventano luce del mondo e sale della terra. È valso per loro tre; vale per ciascuno di noi». Come? Attraverso la luce della fede.
«Sotto questa luce della fede – ha continuato l’arcivescovo - è oggi possibile per me, Vescovo e Pastore di questa Chiesa locale che è in Lecce, ribadire con forza che: è vano affrontare le sfide comuni come se fossero un’impresa individuale; è inutile pensare di risolvere i problemi di una città ricorrendo sempre allo scontro e alla polemica verbale; è velleitario pensare di amministrare un territorio senza un progetto e un’idea condivisa di bene comune; è illusorio, infine, ritenere che i problemi quali la denatalità, l’educazione dei figli, il disagio giovanile, l’emergenza abitativa per le giovani coppie non siano una questione che ci riguarda e coinvolge tutti».
Una luce che deve guidare l’uomo nelle attività terrene. Con attenzione nei riguardi dei bisognosi d’aiuto e dei malati. «La Comunità civile dovrà sempre meglio saper investire le proprie energie sulle strutture sanitarie, sulle disabilità, sul contrasto alle diverse forme di dipendenza e sul recupero e la riabilitazione di coloro che sono in carcere». E un pensiero va proprio al contrasto della criminalità: da attuare – a detta di monsignor Seccia - non solo con il pugno di ferro, ma anche con l’educazione. «Anche la lotta contro la criminalità non può risolversi esclusivamente nella repressione, ma deve contemplare anche strumenti efficaci di prevenzione, sia in ambito educativo, sia in campo sociale».
Un appello accorato l’arcivescovo lo dedica anche all’utilizzo accorto dei social media. «Vedo – ha affermato Seccia - sempre più che le giovani generazioni hanno come migliore e, a volte, persino unico amico, il cellulare. Esse vengono assorbite a tal punto dalla vita virtuale da perdere il contatto con la vita reale. Sembra che le persone valgano a partire solamente dai “like” che ricevono sui loro post oppure dai “followers” che li seguono nei vari canali social. Al fine poi di raggiungere i loro scopi e avere più seguaci in “rete”, esse spesso si spingono a pubblicare foto, immagini, video quanto meno di cattivo gusto, se non proprio volgari e violenti. Sembra che siamo divenuti schiavi di un “sistema virtuale” che noi stessi abbiamo costruito per essere meglio connessi. In verità, questo sistema presenta gravissime falle, perché, invece di renderci più connessi e umani, ci sta rendendo disconnessi e disumani».
Poi un passaggio sui disastri ambientali e le sfide del presente. «Quest’anno, poi, l’impegno per la cura del creatosi concretizza nella custodia dei nostri boschi e della nostra flora, virulentemente attaccata da criminali atti incendiari che hanno causato panico nella popolazione». E chiude volgendo lo sguardo ai Santi Patroni: «Essi ora continuano ad irrigare dal Cielo questo estremo lembo di terra e noi siamo chiamati a promettere il massimo impegno nella lotta contro ogni associazione criminale, contro ogni discriminazione e nella diffusione di quei valori che abbiamo ricevuto e appartengono alle nostre comuni radici».