L'intervista

Lecce, le bande: «Un grande patrimonio che rischiamo di cancellare per sempre»

alterisio paoletti

L’allarme del direttore d’orchestra Alterisio Paoletti che mette in guardia sulle modernizzazioni di quella che è una vera istituzione

LECCE - Dal maestro e direttore d’orchestra Alterisio Paoletti, docente del Conservatorio di Lecce, compositore e pianista raffinato, primo collaboratore di Al Bano, riceviamo e pubblicano una sua riflessione da grande musicista.

Le bande musicali rappresentano un patrimonio inestimabile per la cultura e la formazione musicale. Basti pensare a quante risorse scaturiscono dalla banda: la conoscenza della musica classica da parte delle persone più anziane; la formazione di tanti ottimi e affermati musicisti; la forma musicale della “Marcia Sinfonica”. Sono sempre stato appassionato, tant’è che intorno ai 15 anni di età mi sono letteralmente “divorato” il “Trattato di strumentazione per banda” di Vessella. E nello stesso periodo ho scritto le mie Marce Sinfoniche, che con grande gioia sento eseguire ancora oggi. L’aver scritto, a quell’età, tanta musica per Banda, è stato tra l’altro una “palestra” impareggiabile in quanto una volta abituato a scrivere per la complessa tavolozza bandistica, tutto il resto risulta molto più semplice.

In Austria se ne guardano bene dal far tramontare il Valzer, in Grecia tutelano il Sirtaki, in Spagna il Flamenco (dal 2010) è stato riconosciuto Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dell’UNESCO. Qualsiasi persona (anche italiana), riconosce l’atmosfera argentina da poche note di un Tango, ma nessuna persona (anche italiana) riconosce la Marcia Sinfonica, nonostante abbia connotati, peculiarità e sonorità inconfondibili. Anziché salvaguardare la Banda per la sua (e nella sua) impareggiabile sonorità, si sta attuando un processo di presunta modernizzazione a dir poco obbrobrioso, facendo eseguire a questo meraviglioso organico le trascrizioni di “musica leggera”, dove la banda risulta goffa, ridicola, impacciata e non conquista nessuno; semmai perde chi era già stato conquistato. Del resto, se ho voglia di un gelato, vado in gelateria non certo in salumeria; allo stesso modo, se voglio una serata di belle canzoni all’insegna della musica leggera, chiamo una qualsiasi “Pop-Band” non certo la Banda! È talmente ovvio, eppure… Potrebbe risultare, se non interessante, quantomeno accettabile una Banda che suona la “musica leggera” a mo' di Banda. Ma far eseguire le parti della “batteria pop” a Gran Cassa e Tamburo, piuttosto che quelle del Basso Elettrico al Flicorno Basso-Grave e Flicorno Contrabbasso, mi pare ignobile. Per non parlare poi delle chitarre elettriche e dei sintetizzatori (tipici della musica leggera) che vengono scimmiottati da nobili strumenti a fiato, concepiti per fare tutt’altro, costretti invece ad arrancare. Provo tristezza e imbarazzo! Non dico di portare avanti le trascrizioni d’opera (benché piene di fascino), ma di far ascoltare la Banda in composizioni che ne risaltino ed esaltino le caratteristiche sonorità. C’è tutta una letteratura di musica originale per banda che ben esprime il potenziale. Come chiunque, se mi trovo davanti un gruppo di Balalaika che suona musica balcanica, resto affascinato, mi emoziono e non posso fare a meno di fermarmi ad ascoltarlo. Ma se lo stesso gruppo provasse, con la Balalaika, a suonare le canzoni di Lucio Battisti, mi verrebbe da ridere e scapperei di corsa… Non è vero che i giovani sono restii alla Banda, lo sono semmai alle “Bande attuali”, che di fatto sono un ibrido senza alcun senso.

Conosco tanti ragazzi non musicisti che adorano le Marce Sinfoniche, qualcuno di loro si mette in paziente attesa di “A Tubo!”, “Cuore Abruzzese” etc. Tanti giovani adorano, per esempio, la trascrizione per Banda dell’Ouverture della Gazza Ladra e, comunque, si “fermano ad ascoltare” se la Banda fa la Banda. Certo, le trascrizioni delle opere, con i flicorni solisti, non hanno più senso: l’hanno avuto per un secolo, permettendo a chi non poteva andare in teatro, di ascoltarle ed impararle nella piazza del proprio paese. Tuttavia, non è che se non si eseguono le trascrizioni del melodramma, bisogna per forza fare “il circo”! I giovani sono appassionati del “vintage” e conoscono il sentimento della nostalgia. Tanti di loro, quelle poche volte che la banda suona da banda, si emozionano ricordando un genitore, un nonno, un momento dell’infanzia. E’ su questo che la Banda deve puntare, sulla tradizione (che non ha mai fine), avendo sì un occhio sull’evoluzione dei tempi, ma stando sempre attenta a non perdere mai la propria autenticità e la propria identità. Citando Leopardi, “Diventiamo ridicoli solo quando vogliamo apparire ciò che non siamo”. Le mie considerazioni sono circoscritte al Mezzogiorno d’Italia, lo stesso Mezzogiorno che per un secolo è stato il principale palcoscenico, nonché fucina di complessi bandistici storici.

Privacy Policy Cookie Policy