Sanità

Lecce, luce sul reparto di terapia intensiva neonatale: «Bronchioliti, Hiv e sifilide sempre più diffusi»

Monica Carbotta

Il direttore Bove: «Necessaria una logistica unitaria per i pazienti pediatrici»

Virus respiratorio sinciziale (VRS) sempre più aggressivo. Due giorni fa un altro neonato è stato ricoverato nell’Unità di Terapia Intensiva Neonatale (UTIN). Da settembre è il ventesimo. Ma le brutte notizie non finiscono qui. Tornano a far parlare di sé sifilide ed Hiv con mamme contagiate che infettano in utero i figli. I bisogni aumentano, ma l’atteso trasferimento in un unico blocco dei reparti pediatrici del Fazzi è in ritardo di anni. Come se non bastasse, dal mese scorso in Puglia non c’è più neanche un reparto di cardiochirurgia pediatrica, quello che c’era all’Ospedaletto di Bari è stato chiuso. Sono solo alcune delle notizie rivelate dal primario Utin del Vito Fazzi Adriano Bove. I fatti. Con ordine. Dopo la tregua del 2021 dove non si è registrato sorprendentemente neanche un caso di VRS, nel 2022 è tornato più cattivo di prima. «Ogni anno - spiega Bove - c’è un’epidemia di bronchioliti da poco prima di Natale cioè da metà dicembre fino a marzo. Nel 2021 non abbiamo avuto neanche un caso. Non era mai successo. Evidentemente le misure anticovid intraprese hanno impedito che si propagasse. Ma si è compensato quest’anno con casi più importanti che hanno avuto bisogno di un’assistenza respiratoria aumentata, con bambini che è stato necessario intubare. A settembre abbiamo registrato i primi casi e ne abbiamo trattato già una ventina. Ma per 20 bambini che abbiamo avuto in Terapia Intensiva (TIN) ve ne sono centinaia che sono in pediatria o a casa con forme più lievi. Se non finisce marzo, saremo sempre a rischio. È un virus contagiosissimo che richiede l’isolamento dei piccoli». Il problema è proprio quello, l’isolamento. È stato necessario organizzare «una stanza di isolamento con 4 posti, - prosegue - ma è capitato in questo periodo che arrivasse il quinto bambino ed abbiamo dovuto chiedere aiuto alla TIN di Tricase o di Brindisi perché eravamo pieni. In zona le TIN sono solo Lecce, Brindisi e Tricase». Ma le cause dei ricoveri in TIN sono varie. Nel 2019 sono stati ricoverati 400 bambini, nel 2020 sono stati 320, nel 2021 sono stati 330 e 281 nel 2022. Per una media di parti che varia dai 2.043 ai 1.986 all’anno.

«Per altre patologie ricoveriamo dai 280 ai 290 neonati all’anno in Terapia Intensiva, tra le più frequenti –precisa il primario- c’è la prematurità, l’asfissia neonatale, le cardiopatie, molte malattie ereditarie, non ultime come numero le malattie infettive in utero citomegalovirus, toxoplasmosi, Sifilide, Hiv, un caso anche di Tubercolosi ed una decina di casi all’anno di mamme tossicodipendenti. Patologie come sifilide ed Hiv credevamo di averle lasciate alle spalle, invece sono da considerare con attenzione perché sono numeri non trascurabili». Un discorso particolare meritano le cardiopatie. «I bambini con diagnosi di cardiopatia non dovrebbero nascere in luoghi dove non c’è cardiologia neonatale o cardiochirurgia neonatale, perché il trasferimento avviene in condizioni precarie e come minimo il piccolo deve percorrere 150 km di distanza per essere trattato, almeno così è stato fino al mese scorso quando ancora c’era la cardiochirurgia neonatale all’Ospedaletto di Bari che ci risolveva problemi cardiologici. Ora ha chiuso. In Puglia non c’è più una cardiochirurgia pediatrica», chiosa con evidente preoccupazione Bove.

Al Fazzi sono attualmente ricoverati 16 neonati, «ma di solito – aggiunge - ne abbiamo una ventina e siamo in difficoltà quando dobbiamo accettarne altri». Non solo. «Il reparto è vecchio di 40 anni e necessita di una ristrutturazione o di una costruzione ex novo. A noi andrebbe bene – chiosa - anche solo che un intero piano dell’ospedale sia dedicato a questi servizi, in modo da avere più strutture e più professionisti che assistono patologie pediatriche. Siamo indietro di alcuni anni. Dovremmo concentrare tutto nello stesso piano come credo si intenda fare. Svuotando l’intero piano sotto di noi si dovrebbe realizzare UTIN, sala parto vicina, pediatria, chirurgia pediatrica. Purtroppo abbiamo avuto il rallentamento del Covid». Ma il problema sembra essere anche quello di avere specialisti calibrati solo sulle necessità dei più piccoli. «Il neonato non è un adulto più piccolo, ha tutta una patologia a sé, un approccio di assistenza completamente diverso dall’adulto, viene tutto disegnato attorno a lui, abbiamo carenza di figure di professionisti che si interessano di patologie pediatriche. Se c’è un problema per esempio oculistico o endocrinologico intervengono sempre specialisti che adattano le proprie competenze. In una struttura concepita in questa maniera invece il cardiologo o l’oculista dovrebbero trattare solo i bambini».

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