Il ritratto

Il Salento, il barocco e i migranti nel cuore dell’imprenditrice del lusso

Fabiana Pacella

La storia di Yasmina Filali, filantropa cresciuta fra Francia e Marocco: «Mia nonna, pugliese di Casamassima, ci ha portato in questa terra da adulti, guidando il nostro cammino»

LECCE - Nella via assonnata del sabato lento, nel cuore storico di Lecce all’ombra dei rosoni di Santa Croce che quasi s’allunga pacifica e indagatrice, tre caffè al tavolino di un baretto diventano incroci d’aromi e di storie.

Mutano in biglietto d’un viaggio oltre paralleli e meridiani che parte da lì, da una via Umberto I madida di scirocco e infastidita da sparute motorette di passaggio, sosta a Casamassima (Ba), passa da Roma e porta alla Parigi struggente di Montmartre fino alla fortezza berbera di Rabat. Per tornare ancora a Lecce.

E rimanerci. Il viaggio ora si fa fisico, tattile, visivo. L’arabica ne ha sancito l’inizio sulla scia dei ricordi, come tradizione leccese comanda, perché per aprire il cuore all’altro non c’è niente di meglio che seguire la liturgia di una tazza di nero bollente. E se la loquela vien da sé allora è fatta.

Parte così il tête-à-tête con la new wave di facoltosi cittadini del mondo che scelgono la Puglia, il Salento come buen retiro e fonte battesimale di un nuovo capitolo di vita. Di fronte, gli occhi grandi di Antonia Yasmina Filali, filantropa cresciuta tra la Francia e il Marocco, terra del padre Abdellatif, diplomatico e primo ministro, fondatrice di Orient-Occident, organizzazione no-profit che aiuta i migranti, i rifugiati, promuovendo la diversità e la valorizzazione delle culture e imprenditrice della ricettività di lusso.

Perché Yasmina abbia messo radici nel Salento, si spiega con una sola parola: l’amore.

«Mia nonna Antonia Fiermonte era pugliese di Casamassima, una donna bellissima, libera e anticonvenzionale. Morì a 42 anni, io e mio fratello Giacomo Fouad non eravamo ancora nati ma le sue gesta generavano fascinazione. Noi siamo cresciuti tra la Francia, paese d’origine della mamma, il Marocco e il resto del mondo. Ma nonna Antonia ha condizionato e segnato le tappe del nostro cammino da sempre, senza che ne fossimo consapevoli. Circa vent’anni fa, degli amici di famiglia mi invitarono a visitare la Puglia a Pasqua, per tre giorni. Arrivammo a Lecce, ne fui stregata. Impossibile non restare».

Ma nonna Antonia, non era solo una figura ribelle e altera. E un cameo le è d’obbligo, per ricostruire a dovere questo viaggio. Modella e violinista, musa di Lanvin, posò a Roma per lo scultore parigino René Letourneur, che la portò nella Ville Lumière facendone la sua sposa. Lì Antonia conobbe Jacques Zwobada, collega e amico di René. Un’altra passione travolgente, un triangolo d’amore e struggimento legò per sempre i tre. I nipoti hanno ereditato pezzi d’arte straordinari del crogiuolo magmatico di Modernismo Dadaismo e Surrealismo, che oggi fanno bella mostra di sé nelle strutture ricettive extra lusso che hanno realizzato.

Yasmina è la padrona di casa di Palazzo Bozzi Corso, 10 suites e 4 aree spa che si schiudono varcato un portone enorme di legno verde, proprio in via Umberto I, a un passo da quel corroborante caffè di un sabato mattina. Il fratello, principe Fouad, aveva invece realizzato un altro hotel de charme, sempre in città, La Fiermontina. Altri progetti luxury sono in procinto di partire in Marocco sull’oceano come a Cuba, mentre quello di Place Vendôme à Paris è già realtà.

La saga della famiglia è tutta lì, tra le opere di Léger, Letourneur e Zwobada, il disco d’oro di Imagine di Lennon e la foto della mamma di Yasmina con Yoko Ono, a memoria di una grande amicizia. Per non parlare delle foto di Enzo Fiermonte, il fratello di nonna Antonia, partito da Casamassima ragazzino, per diventare campione mondiale di boxe prima, volto del cinema hollywoodiano poi (recitò anche in Rocco e i Suoi Fratelli di Visconti) e compagno di Lady Astor, ricca ereditiera scampata al disastro del Titanic.

«Mia nonna ci ha portato in Puglia da adulti – racconta Antonia Yasmina Filali -, guidando il nostro cammino senza che potessimo opporci. Una forza inspiegabile, i fili della vita e delle radici che si annodano. Un giorno io e mio fratello ci siamo chiesti cosa stessimo facendo qui a Lecce e abbiamo capito all’improvviso che il nostro compito era far rivivere Antonia ed Enzo Fiermonte nel mondo. E così è stato».

Ma prima di quel giorno, il perché l’incontro tra Yasmina e Lecce sia stato sortilegio che lega, lo spiega proprio lei, con quell’accento français che sa di musica e mistero.

«Il Salento è una terra che sento nostra. È araba, è mediterranea, segreta. Ti prende. Chiamai mio fratello Fouad chiedendogli di raggiungermi: devi venire qui, è pazzesco. Gli dissi. È una terra contaminata da tante culture, accogliente con i migranti perché qui non ci sono ghetti ma le etnie e le culture diverse convivono mescolate, aperta davvero verso l’altro, verso lo straniero ed è per questo che mi sento davvero bene. Certo, con le sue contraddizioni, i suoi limiti, però c’è qualcosa di bellissimo che non si trova altrove: la libertà. Lecce, il Salento, la Puglia sono una terra libera».

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