Il fenomeno
Lecce, centro storico «sfregiato»: scritte su chiese e palazzi
Slogan e vernici spray sui muri, una tendenza che periodicamente riemerge
LECCE - Scritte su chiese e palazzi, slogan tracciati con le vernici spray nei vicoli del centro storico, gesti di vandalismo compiuti “dietro l’angolo”, a pochi passi dai luoghi più frequentati della movida e al riparo dagli occhi indiscreti delle telecamere.
Un fenomeno non nuovo, mai sopito, che va avanti tra periodi di quiescenza e recidive, sintomo di un disagio - quasi sempre giovanile - che affida a simboli e graffiti messaggi di protesta, spesso banali e generici. Negli ultimi anni i “social” hanno assorbito buona parte dei bisogni di civico protagonismo, fungendo da spugna anche per sfoghi e rivendicazioni che prima finivano sui muri. Ma per piccole frange di giovani la strada resta pur sempre il luogo fisico dove esprimere istintività, malessere, un sentire antagonista che non trova i giusti contesti di riflessione e confronto. E così, chiese e palazzi, tornano ad essere, tra alti e bassi, le “lavagne”della rivendicazione, dello slogan, dell’offensiva contro istituzioni e lobby.
Nuove scritte sono spuntate in questi giorni a pochi passi da piazza Sant’Oronzo, in via Oronzo Tiso e via Degli Antoglietta, sui muri di alcune case ma anche della Chiesa del Gesù (cononsciuta come la Chiesa del Buon Consiglio). Strade isolate dai flussi turistici, dove si fa in fretta a tirare fuori una bomboletta di vernice spray e tracciare un simbolo, una frase o un’offesa senza essere visti. Il tenore degli sfoghi è sempre quello, tra vaghi connotati politici. Quasi scomparsi, invece, i messaggi amorosi, i classici “Ti amo”, catturati ormai dalla rete social, più rapida e diretta della strada nel recapitare i sentimenti.
Ma al di là delle possibili analisi, il risultato materiale di queste azioni è il danno a monumenti e palazzi, al decoro di una città che punta a recuperare qualità della vita e appeal turistico, aspetti irrinunciabili per un progetto che guardi lontano.
Numerose le strade preda dei “writers”, soprattutto quelle tagliate fuori dai circuiti turistici più battuti, dove è più facile agire nella penombra. Una di queste è vicolo Matthei (una piccola traversa di via Rubichi), ma ci sono anche via Balmes e via della Sinagoga, alle spalle di piazza Castromediano. Nel mirino dei vandali, molto spesso, finisce anche via Regina Isabella, che si allunga sul lato destro della chiesa di Sant’Irene, come pure via del Teatro Romano, dove fino a qualche anno fa le scritte coprivano completamente le pareti delle case.
In passato si è tentato di incanalare il fenomeno su rotte diverse, sperimentando eventi di “writing” che dessero spazio alla creatività, capaci di calamitare l’attenzione su modelli d’espressione di taglio artistico, in voga in molte realtà d’Europa. Ma i pochi percorsi organizzati si sono rivelati uno sporadico palliativo, del tutto insufficiente a trasformare il problema in nuove tendenze. Qualche efficacia, invece, ha avuto la rete delle telecamere, che oggi controlla gran parte della zona a traffico limitato. Il sistema di videocontrollo, allestito per la sicurezza, è riuscito negli ultimi anni a contenere il fenomeno del vandalismo, fungendo da deterrente. Un importante contributo è arrivato anche dalla movida, dal fiorire di locali e punti di ritrovo che hanno scoraggiato i gesti di teppismo, spingendo i comportamenti più deteriori nei luoghi più isolati e meno frequentati del centro storico. Un fenomeno che tuttavia resiste e che a volte riemerge proprio in quei luoghi più appartati. Poche scritte, ma sufficienti ad imbrattare una chiesa, sfregiare un monumento, inquinare la suggestione di un vicolo e il decoro di un luogo vissuto dai cittadini, la cui bellezza appartiene ad una comunità che riesce a preservarla.