la macchina del tempo
Strage di Marzabotto la solidarietà di Bari
Il 14 luglio 1980 il Tribunale militare del capoluogo pugliese aveva disposto la scarcerazione di Reder, ex maggiore delle SS
«La solidarietà di Bari ai martiri di Marzabotto» è il titolo di un trafiletto che appare il 30 settembre 1980 su «La Gazzetta del Mezzogiorno». «La delegazione municipale di Bari, guidata dal vice sindaco Arturo Mastrorocco e composta dai consiglieri comunali Caradonna (Dc) Menolascina (Pci) e Belardi (Psdi), ha partecipato al raduno svoltosi domenica a Marzabotto per ricordare e celebrare il 36° anniversario del martirio della piccola cittadina emiliana».
Non è la solita, trascurabile notizia della partecipazione spontanea di alcuni privati cittadini alla commemorazione delle terribili stragi avvenute a partire dal 29 settembre 1944 nel territorio di Marzabotto e di Monte Sole, dove 770 civili, di cui quasi un terzo al di sotto dei dodici anni, furono trucidati dalle milizie nazifasciste. Si tratta, invece, di un gesto rilevante che assume un valore politico e morale alla luce di quanto accaduto, qualche mese prima, proprio nel capoluogo pugliese. Il 14 luglio 1980, infatti, il Tribunale militare di Bari ha emesso una sentenza con cui dispone la scarcerazione dell’ex maggiore delle SS Walter Reder, condannato nel 1951 all’ergastolo come responsabile della strage di Marzabotto e di altre carneficine nel centro Italia, e da allora detenuto nel castello di Gaeta.
Già nel 1979 l’istanza di libertà condizionale, presentata dai legali di Reder, era stata rigettata dal Tribunale di La Spezia; ma la sentenza era stata annullata per vizio di forma: legittima suspicione era stata contestata ai magistrati, il cui pronunciamento avrebbe potuto essere condizionato dalla vicinanza della città ligure ai luoghi in cui si erano svolti i tragici fatti. Il Tribunale militare supremo aveva affidato, pertanto, alla Corte barese il giudizio e, ancor prima che il processo avesse luogo, rigorosamente a porte chiuse, il caso aveva suscitato vivo clamore. L’intero Consiglio comunale di Bari, esclusi gli esponenti del Msi, aveva approvato un documento con cui esprimeva solidarietà alla comunità di Marzabotto e condannava decisamente «ogni forma di nazismo, nel pieno rispetto dell’autonomia della magistratura», si legge sul quotidiano del 10 luglio 1980.
Il sindaco Luigi Farace, il presidente provinciale Anpi Giorgio Salamanna e il comitato unitario antifascista avevano accolto in quei giorni Dante Cruicchi, sindaco di Marzabotto, giunto a Bari insieme a superstiti della strage e familiari dei caduti, per esprimere ancora una volta la ferma opposizione all’eventuale accoglimento della richiesta di libertà condizionale: «Walter Reder non deve tornare in libertà: i crimini da lui commessi sono incancellabili. Non possono e non debbono essere dimenticati. Non per vendetta, ma per giustizia», afferma con forza Cruicchi. I giudici di Bari, tuttavia, ritengono effettivo il ravvedimento di Reder e ne dispongono l’immediata scarcerazione. Sebbene non più formalmente detenuto, l’ex maggiore delle SS dovrà ancora restare nel penitenziario di Gaeta da “internato”, sottoposto quindi al trattamento dei prigionieri di guerra, a meno che il governo italiano non decida di condonare anche questa misura di sicurezza. La sentenza scatena un’ondata di indignazione in tutta Italia – in quei giorni il Paese è ripiombato nell’incubo della violenza politica con la tremenda strage della stazione di Bologna – e riceve condanna pressoché unanime da parte delle forze politiche.
Sulla «Gazzetta» esimi giuristi intervengono a più riprese per spiegare e commentare il controverso dispositivo giuridico emesso dai giudici militari. Per questo motivo, la notizia della delegazione barese alla commemorazione di Marzabotto del 1980, assume una rilevante importanza. «La civica amministrazione barese, interprete dei sentimenti dell’intera popolazione, è del tutto estranea a tale sentenza e da tale sentenza si sente profondamente offesa nella sua coscienza democratica e antifascista», sono le parole del vicesindaco Mastrorocco. Cinque anni più tardi, nel gennaio 1985, arriverà l’intervento governativo, previsto in questi casi dalle convenzioni internazionali sui prigionieri di guerra: sarà il presidente del Consiglio Bettino Craxi, dopo estenuanti trattative, a disporre la scarcerazione definitiva di Reder con sei mesi di anticipo. Questo capitolo buio della giustizia militare italiana si chiuderà ancora peggio: poco dopo il suo rientro in Austria, Reder ritratterà le dichiarazioni di pentimento e le richieste formali di perdono, rese dal carcere a più riprese, alla comunità di Marzabotto. Domenica scorsa, 29 settembre 2024, trascorsi 80 anni dai fatti e 44 dalla sentenza di Bari, proprio mentre in Europa assistiamo ad una recrudescenza delle forze nazionaliste di estrema destra, il presidente Mattarella e il suo omologo tedesco Steinmeier, insieme nei luoghi di quegli eccidi, hanno ribadito non soltanto il valore della memoria storica ma soprattutto l’importanza del riconoscimento delle responsabilità.