Bari
«Contro l’astensionismo il centrodestra deve rilanciare il dialogo interclassista»
Il fittiano Distaso: «I progressisti? Senza visione. E in Puglia la sanità è peggiorata»
Onorevole Antonio Distaso, parlamentare nel centrodestra per due legislature, il governo a Roma consolida i propri consensi con la rimodulazione del Pnrr, l’incasso della terza e quarta, la modifica del Reddito, e ora la tassazione degli extraprofitti bancari. La solidità del centrodestra nazionale è indiscutibile, ma in Puglia, dove la coalizione perde da vent’anni, che succede?
«A Bari e negli altri enti a partire dalla Regione Puglia, anche per alcuni errori di valutazione del centrodestra, si è consolidato un blocco di potere progressista, seducendo pezzi di società che hanno un naturale interesse a dialogare con chi detiene il potere territoriale. La politica però non può essere ridotta a uno scambio clientelare e quindi diffido di liste civiche che invece di rappresentare ambiti estranei ai partiti vogliono solo difendere interessi ben definiti».
Il centrodestra?
«A Barletta prima ed a Brindisi poi, c’è stato l’indovinato connubio tra un centrodestra unito e una base di liste localiste autentiche. Il punto di partenza è e dev’essere il dialogo con quella parte di blocco sociale che si sente non rappresentata politicamente e non ascoltata da chi governa: penso al mondo sano dell’imprenditoria e della cultura e non a quello dei salotti degli amici degli amici. Con i test di Foggia, Bari e Lecce c’è l’opportunità di declinare ulteriormente questo metodo dell’ascolto e della contaminazione virtuosa con i “danneggiati” dal metodo Emiliano e dalle sue liste».
Il Governo nazionale con i suoi consensi moltiplica le opportunità di ripartenza per il centrodestra pugliese?
«Sicuramente c’è e ci sarà un effetto di trascinamento dovuto all’appeal del governo Meloni, ma non è di per sé sufficiente nelle competizioni amministrative; sarà tanto maggiore quanto potrà facilitare il consolidamento di un consenso strutturato su un idem sentire dell’elettorato tradizionalmente di centrodestra. Vanno rilanciati gli asset regionali strategici».
A cosa si riferisce ?
«Si deve riscoprire il senso d’identità della Regione e di Bari, considerando realtà come Camera di Commercio, Fiera del Levante, Teatro Petruzzelli, Acquedotto Pugliese, fino alla squadra di calcio del Bari. Non è nominalismo ma la definizione di capisaldi di una identità ridotti ora a dependance di sottogoverno, mentre devono tornare parti integranti di un progetto di sviluppo. A Bari poi ci sono tanti interventi parcellizzati senza una visione d’insieme: qui vige ancora il Piano Quaroni del 1976».
I grandi temi della Regione - salute, turismo, agricoltura e infrastrutture - in vent’anni di centrosinistra che progressi hanno portato?
«È indispensabile abbandonare la logica del rivendicazionismo piagnone e fine a se stesso, senza riconoscere con autocritica il dato su come tante risorse potevano essere usate meglio. Sulla Sanità basta rilevare i numeri allarmanti delle liste d’attesa per cogliere come la situazione sia peggiorata. A partire dal Psr in agricoltura, nel periodo 2015-2020. Ora si gioca una nuova partita: il Governo ha assicurato che nessun intervento proposto da Regioni e Comuni sarà definanziato. Ci vuole maggiore collaborazione istituzionale, non sterili forme di protagonismo».
La sinistra di Emiliano? La “Giusta causa” protesta per innesti indiscriminati da destra...
«Emiliano e la parola sinistra? Siamo nell’ossimoro. Non credo che Michele Laforgia o Nichi Vendola si riconoscano nella “sinistra” di Emiliano, per quanto io nutra dubbi anche sulla loro stessa concezione della politica progressista, più elitaria che popolare. Il governatore ha perseguito una logica di annessione di pezzi del centrodestra non con la forza delle idee e della politica, ma con quella delle poltrone».
C’è l’enorme questione dell’astensionismo.
«Questa missione deve essere una priorità dei partiti a cui è demandata la funzione di allargare la partecipazione. È indispensabile coinvolgere non solo i rappresentanti delle categorie, in alcuni casi autoreferenziali, ma soprattutto il mondo produttivo e culturale che vive marginalizzato e distante dal Re-Sole».
Come?
«Il centrodestra deve porsi il tema del recupero della visione interclassista dei partiti del Novecento che dialogavano in maniera larga con tutti gli interlocutori delle comunità, dal mondo della scuola, a quello del lavoro a quello delle professioni liberali».
Che farà Antonio Distaso nei prossimi mesi?
«Non so se sia un tema di qualche interesse. Vengo da una cultura politica nella quale non ci si candida, ma “si viene” candidati. E non ho mai ragionato in un’ottica personalistica. Se per le prossime comunali ci sarà una tendenza a rafforzare la visione di “squadra”, io sono a disposizione».